venerdì, gennaio 06, 2012

Prologo 2

5 Maggio 1988.
Sul prato di Hyde Park si era radunato un folto gruppo di persone, alcune delle quali con striscioni e manifesti. Gli occhi di tutti erano fissi sul piccolo palco che era stato eretto proprio sullo speaker's corner e sull'uomo che vi stava salendo in quel momento. Nonostante il vento freddo, indossava solo un completo marrone, giacca e cravatta. Si portò presso il leggio, inforcò un paio di occhiali a mezzaluna e si passò una mano sulla testa, come a cercare un cappello che potesse coprire la calvizie incipiente. Si schiarì la gola e iniziò a leggere.
"Vedo qui riuniti oggi davanti a me dei cittadini preoccupati," iniziò. "Preoccupati per il bene della nostra società. Una società che è stata forgiata e diretta dagli esseri umani per millenni, ormai, e che non ha posto, non ha mai previsto posto per quelli che oggi chiamano "morfi."
"Eppure," proseguì, dopo aver messo a tacere un lieve brusìo che si era levato dall'udienza. "Gli uomini al comando della nostra società non si sono fatti alcuno scrupolo nel consegnare a queste creature dei... diritti. Noi chi chiediamo il motivo dietro queste scelte. Immaginate già, io credo, quali potrebbero essere le conseguenze di queste azioni da parte dei governanti: posti di lavoro, letti di ospedali, posti negli asili che non saranno i nostri figli ad avere, ma loro, queste creature. E i loro figli, aggiungerei, se mai dovessero essere in grado di procreare.
"La scienza non ha ancora nulla in mano, nulla che possa spiegare come, e perché, i morfi siano comparsi nel nostro mondo, ma in molti si arrogano comunque il diritto di renderli come noi. E ci si dimentica, quindi, di tutte quelle altre... minoranze, quei gruppi, quegli altri meravigliosi esseri umani che vengono lasciati indietro per... paura? Affetto? Compassione? Sentimenti che per noi umani vengono dimenticati e mai dimostrati!
"Siamo qui oggi per rivendicare quei diritti e per impedire che lo scempio prosegua. Siete testimoni della nascita di una nuova forza, di un nuovo gruppo che si farà carico della voce di tutti gli umani del Regno Unito, con il compito di ricordare a tutti i governanti, da oggi in poi, che al primo posto ci siamo noi." L'uomo schioccò le dita: al suo comando, quattro persone eressero alle sue spalle un gran manifesto bianco, su cui spiccavano le parole "HUMAN RACE SUPPORTERS."
Gregory Edgecombe spense la televisione. "Branco di pazzi," commentò, posando il telecomando e alzandosi dal divano. "Branco di pazzi." Si massaggiò la fronte, quindi andò verso la finestra e scostò la tenda. Vide sua figlia Lillian, accovacciata in terra a seguire gli spostamenti di un lombrico, e sorrise.
"Qualcosa non va, tesoro?" fece sua moglie. Gregory si voltò verso di lei, che era in piedi sulla soglia della cucina con addosso un grembiule.
"Sono contento di essere andato via da Edimburgo," commentò lui. "Hai sentito cosa stanno combinando a Londra?"
"Sì," rispose lei. "Me ne parlava Sarah questa mattina. Tu credi che questi personaggi siano pericolosi?"
Lo sguardo di Gregory tornò verso Lillian, che stava cercando di prendere il lombrico nella zampa. "Non lo so," disse. "Spero di no, ovviamente. Ma se ci sono significa che qualcuno crede in loro, e quel qualcuno probabilmente farà penare Lillian e tutti quelli come lei, un giorno. Vorrei che rimanesse sempre qui con noi."
"Lo sai che non è possibile, amore."
"Sì, lo so, Annie. Ma non voglio che... quel tipo di ignoranti debba farla soffrire."
La donna gli si avvicinò e lo abbracciò. "Noi saremo con lei, Gregory. E lei potrà contare su di noi, quando ne avrà bisogno. E un giorno sarà grande abbastanza per farcela con le sue forze, perché le insegneremo a combattere contro... contro queste evenienze."
"Spero di essere veramente in grado di farlo, Annabel," rispose lui.

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