lunedì, luglio 18, 2011

Capitolo 33 – Lillian riceve un invito

Il mondo era fatto di dolore. Alle tempie, per la precisione, e di lampi nel campo visivo. E di aspirina.
Quantomeno, quello era il mondo di Lillian Edgecombe la mattina successiva al concerto, e non era un mondo che la morfa avrebbe augurato neanche al suo peggior nemico. Non avrebbe saputo definire i motivi del suo dolore in modo chiaro: forse lo sforzo durante l’esibizione, forse le emozioni, forse la stanchezza, forse le due (due?) birre scolate per festeggiare col resto del gruppo. Sì, si disse, senza dubbio erano state quelle a creare il vero danno, dato che faticava anche a ricordare come fosse tornata a casa. Ma nella nebbia rossa che si aggirava nello spazio fra le sue orecchie sarebbe stato difficile anche ricordare il proprio nome.
Tentò di fare colazione con un po’ di pane tostato, burro e caffelatte, prima di prendere la medicina e infilarsi nuovamente a letto, ma lo stomaco le fece capire che avrebbe fatto molto meglio ad evitare i latticini contraendosi alla sola vista del burro, aggiungendo dolore a dolore.
Si risvegliò due ore dopo, alle undici e un quarto della mattina. Il cellulare lampeggiava per un messaggio non letto. In compenso, il dolore si era fatto decisamente meno tenace, e poteva sopportarlo con maggiore tranquillità.

Ivan: MI E’ PIACIUTO IL BALLO DI IERI. SIETE STATI MOLTO BRAVI, I MIEI COMPLIMENTI!

Lillian sorrise. Sì, quella scena la ricordava benissimo: l’alcool non era riuscito a cancellare la sensazione che aveva provato nel cantare di fronte a lui, nel ballare con lui mano nella mano… non era stata una situazione di intimità, è vero, ma era sicuramente stato il momento in cui la tasso si era ritrovata più fisicamente vicino a una persona per cui provasse un qualche sentimento, e anche se non si era trattato di un bacio o più era comunque stato un momento assurdamente bello per lei.

Lillian: Grazie, Ivan! Riferirò di certo.

Si fermò, senza inviare il messaggio. Avrebbe voluto aggiungere qualcosa riguardo al momento del ballo, ma non era certa…
“Al diavolo,” disse ad alta voce.

Lillian: E anche a me è piaciuto molto il ballo…

Si morse il labbro, quindi spinse il tasto di invio.
Pochissimi minuti dopo, mentre si sforzava di ingollare un caffè troppo forte pur di svegliarsi, Ivan la chiamò.
“Ben svegliata,” le disse.
“Grazie… ho avuto una nottata… complessa, direi.”
Il ragazzo rise. “Lo so bene. Ti ha dovuto caricare in spalla uno dei tuoi amici.”
“Chi?”
“Il cane, il tipo che suonava la batteria.”
La morfa posò la fronte sul palmo della mano. “Mills. Povero Mills, che figura che ho fatto.”
Ivan rise ancora. “Andiamo, eri solo ubriaca! Non ti è mai capitato?”
“Mai. Cioè, non fino a questo punto. Mi vergogno così tanto…”
“Succede, dopotutto, rilassati, Lilly. Stavate festeggiando, è normale lasciarsi andare, no?”
“Be’, credo di sì… ma c’eri anche tu? Ammetto di non ricordare niente di ieri sera, dopo il concerto.”
“No, non c’ero, ma mi è capitato di passarti a trovare al punto bar poco prima che Mills ti portasse via. Eri… molto allegra.”
La giovane sbuffò. “Già, lo immagino. I ragazzi avranno di che raccontare…”
“Non eri la sola, se vuoi la verità.”
“Davvero? Chi altri era nel mio stato?”
“Quella tipa alta con le orecchie grandi… un cane, anche lei? L’altra cantante, insomma.”
“Corinne.” Lillian sorrise. “Almeno ero in buona compagnia.”
“Ah, decisamente. Lilly, che progetti hai per… diciamo, domani sera?”
La domanda fu sufficiente per risvegliare ogni suo senso. “Do… domani sera? Ah… credo nulla, pensavo di… uh, riposarmi, credo. Perché?”
“Perché sa… i miei sono fuori, e io sarei solo in casa. Non sono abituato a stare da solo, e mi avrebbe fatto… insomma, piacere se ci fossi stata anche tu. Una cosa così, ecco, fra amici.”
“Ah-ah. Sì, ho capito… Mi stai invitando a cena a casa tua. Io e te soli.”
“Sì, esatto.”
“Ah-ah.” Lillian ridacchiò, confusa. “Non so come prendere questa cosa…”
“Perché? Non ti è mai capitato di andare a cena da qualcuno?”
“Sì, ma… Ivan, mai ad una cena da sola con un ragazzo.” E per giunta un ragazzo che mi piace ed è dell’altra specie, avrebbe voluto aggiungere, ma si frenò.
“Mai? Non ci credo.”
“Forse mi sopravvaluti, Ivan. Ci hai mai pensato?”
“Penso che sia il contrario, piuttosto. Ma non mi hai ancora risposto, Lilly: hai voglia di venire?”
“Sono… sì, Ivan. Molto volentieri, grazie.”
La ragazza rimase qualche attimo a fissare il telefono, al termine della conversazione. Quindi compose il numero di Claire.
“Ehi, splendore,” le rispose l’altra. “Siete stati una bomba, ieri sera.”
“La bomba ce l’ho io fra le mani in questo momento, Claire!”
“Aspetta, devo sedermi?”
“Meglio, sì.”
“Ecco, ci sono.”
“Ivan. Mi ha invitato a cena.”
“Non prendermi per il culo, per favore. Non su questo argomento,” disse la tigre.
“Non sto scherzando. Ti sembra che io per prima scherzerei sulla cosa?”
“No, devi essere seria, hai ragione. Ti ha invitato a cena?”
La tasso le raccontò del ballo e della telefonata, sentendo la tigre ringhiare sommessamente di tanto in tanto. “Signorina Edgecombe, le mie più sentite congratulazioni, cazzo,” commentò  quindi. “Hai preso il manzo per il collo. Ce l’hai fatta.”
“Non so come sentirmi, Claire. Dovrei essere al settimo cielo: cazzo, mi ha invitato a cena. E invece…”
“Ah, come al solito stai a farti dei problemi, vero, Lillian? Smettila, accetta la cosa e goditela, per una volta nella vita! C’è la possibilità che lui ti ricambi, merda, cosa vuoi di più?”
“Che fosse una situazione normale,” replicò l’altra, stropicciandosi gli occhi. “Che io fossi umana, o che lui fosse un morfo.”
“Lo capisco, ma… ehi, bella, non è questa la situazione. Hai due possibilità: accettarla o rifiutarla. Nel primo caso potrai avere Dio solo sa quante felicità, nel secondo continuerai a vivere esattamente come negli ultimi 28 anni. Scegli.”

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