lunedì, novembre 15, 2010

Capitolo 3 – Lillian esce con degli amici

Capitolo 3 – Lillian canta

“Ivan, oggi cambiamo programma,” disse Lillian, sedendosi al pianoforte accanto al ragazzo.

“Scusa?”

“Suoni con me da un mese su canzoni note e stranote. Molto belle e suoni molto bene, ed è chiaro che dovrai continuare così anche da solo senza il mio aiuto, ma hai bisogno di qualcosa in più.”

Il ragazzo la fissò incuriosito, senza risponderle. Lillian prese il suo zaino, lo aprì e ne trasse fuori un CD senza etichette. “Hai bisogno di allenare il tuo orecchio, e io ti propongo un esercizio che mi ha insegnato mio padre: oggi ri-arrangiamo un po’ di canzoni famose,” disse, quindi si alzò e si diresse verso l’impianto stereo di Ivan.

“Non sono sicuro di aver capito, Lillian.”

“Capirai presto,” replicò lei, inserendo il CD nell’impianto. “Ho messo in questa compilation casalinga una serie di canzoni dal pop al pop-rock uscite negli ultimi anni. Non sono tutte le mie preferite, ma mi sono basata sui tuoi poster e sulle tue collezioni personali, sperando di trovare quelle che potevano piacerti di più. Ho messo un po’ di Queen, di Sex Pistols, Madonna e altri ancora. Io canterò, accompagnandoti, mentre tu suonando cercherai di accordarti e di seguire la canzone.”

“Uau,” commentò Ivan. “Ma sei sicura che ci riuscirò?”

“Non sarà facile, te lo dico subito,” lo avvisò la morfa. “Io ho impiegato anni per farcela da sola, ma tu hai me: io ti seguirò e ti aiuterò.”
“In che modo… come mi aiuta questo esercizio? Non è che non lo voglia fare, Lillian, anzi, l’idea è fica, non l’avevo mai fatto, ma pensavo che per imparare a suonare si dovessero seguire…”
“Tu sei bravissimo a seguire lo spartito, Ivan. Sai gestire bene i tempi, sai modulare la velocità di esecuzione e tutto il resto, e certe composizioni le sai eseguire bene anche a mente, ma ti manca un po’ di orecchio. Devi imparare a seguire la musica, sentirla nella testa oltre che nelle orecchie, e usarla come guida per le tue mani. Devi arrivare a un momento in cui non sei più tu a suonare la musica, ma la musica a suonare attraverso di te.”
Ivan fischiò e rise. “Ferma, Lillian, stai volando…”
Anche la tasso ridacchiò. “Lo so, sembra da pazzi, roba… da quei pianisti con problemi che si vedono nei film e cose del genere, vero?”
“Sì, un po’.”
“Ma è così che funziona, Ivan. Devi farti prendere e guidare, e per farlo devi affinare meglio il rapporto fra il tuo orecchio e il tuo cervello, e fra il tuo cervello e le tue mani. Magari con sonate per pianoforte potrebbe essere più facile, ma tu sei giovane e penso che i Queen ti stimolino molto più di Beethoven.”
“Be’…”

“Non c’è nulla di male, Ivan, è giusto così. Quindi, sotto, iniziamo,” concluse Lillian, pigiando il pulsante d’inizio e avviando One Vision prima di sedersi di nuovo vicino a Ivan. “Forza,” gli sussurrò.

Mentre Ivan cercava di accordarsi e di seguire il suono del gruppo con il suo pianoforte, sbagliando di tanto in tanto e saltando note e accordi, Lillian cantava. Iniziò piano, quasi sottovoce, per accompagnare Ivan, ma si lasciò trasportare, aumentando volume e tono assieme alla musica, passando per Love Profusion, American Idiot, God Save the Queen e Bohemian Rhapsody. Al termine del CD, circa un’ora dopo, il signor Matheson li interruppe, portando loro un vassoio con due tazze da tè, una teiera con alcune bustine diverse e un bricco di caffelatte. “Bel concerto,” commentò sorridente.

“Direi che una pausa ci vuole,” commentò Ivan, che aveva la fronte e il labbro superiore imperlati di sudore.

“Hai ragione.”

“Allora? Come sono andato?” chiese subito Ivan, dopo essersi versato l’acqua bollente e aver servito il caffelatte alla morfa.

“Bene, Ivan. Hai bisogno di questo, ho visto che ti piace un sacco e ammetto che non pensavo potessi suonare in questo modo così bene,” lo rincuorò lei. “Ovvio, questo è solo l’inizio. Suoneremo così ancora un’ora, dopo la pausa, e faremo queste lezioni ogni settimana, alternandole alle lezioni più consuete. Hai la stoffa, Ivan.”
“Posso chiederti una cosa, Lillian?”
“Dimmi tutto,” ripose lei, posando la sua tazza.

“Dove hai imparato a cantare?”
“A casa dei miei, da sola. Autodidatta.”
“Hai una voce… strana.”

“Be’, non sono umana, come puoi ben vedere…”

“No, non è quello. E’… hai una voce diversa rispetto a quella che hai quando parli.”

“E’ normale, Ivan, nessuno canta con lo stesso tono con cui parla.”

“No, non parlo di questo. Non è un’offesa, non voglio che la prendi come un insulto, ma hai proprio una voce diversa, non solo un tono o cose simili. Una… una via di mezzo fra Whitney Houston e Skin, solo un po’ più roca.”

“Lo prendo come un complimento,” disse Lillian, sorridendo un po’ imbarazzata.

“Lo è! Mi piace come canti, è molto particolare. Hai mai cantato in pubblico?”

“Canto tutti i giorni davanti al pubblico più esigente del mondo: la mia immagine allo specchio, tutte le mattine quando mi pettino,” commentò divertita la morfa. Non tutti i morfi possedevano capelli: Lillian era una di quelli, con i suoi lunghi capelli corvini riccioluti che le arrivavano alle ascelle. Ma altri, come Claire o Francine, possedevano solo la loro pelliccia.

“Seriamente, Lillian. Non hai mai cantato in pubblico?”

“Quando ero più piccola, e vivevo ancora con i miei, cantavo nel coro della chiesa. E poi con mio padre, ma solo per due anni, prima di trasferirmi qui a Londra.”

“E cosa cantavi?”

“Musica religiosa, per la maggior parte.”

“Dovresti avere un gruppo. Un gruppo tuo con cui cantare. Sfonderesti…” cercò di dire Ivan, interrotto dal suo telefono. “Scusa. Una chiamata, faccio subito.” Prese il telefono e uscì dalla stanza, appena fuori dalla porta. Lillian non poteva sentire ciò che diceva, e si prese quei cinque minuti di pausa e silenzio per schiarire un po’ la mente e riposare la voce, prima di riprendere a cantare.

Per SMS:

Lilly: Mills, ho bisogno di vederti. Devo parlarti, assolutamente.

Mills Ferguson: Va bene, Lilly, dove vuoi.

Lilly: Da Harrods, oggi pomeriggio, alle cinque. Fatti trovare.

Lillian aspettava Mills avvolta nel suo parka sotto un ombrello fuxia. Indossava una gonna di jeans lunga fin sotto il ginocchio e un maglione di lana pesante con chiusura a zip a strisce nere e avorio, senza gioielli di alcun tipo, e un paio di stivali bassi grigio topo.

Mills arrivò puntuale, indossando un montgomery beige con il cappuccio. “Cavoli, che pioggia, oggi.”

“Ciao, Mills. Dai, entriamo, sei fradicio.”

“Mannaggia a me e alla mia mania di non portarmi dietro un ombrello,” commentò il pastore tedesco.

I due entrarono nel centro commerciale; Lillian chiuse l’ombrello, mentre Mills non si abbassò il cappuccio. La tasso lo scrutò. “Puoi toglierti il cappuccio, Mills, qui dentro non piove.”

“No, sai…” fece il cane, con un cenno vago della mano. Lei lo afferrò e lo abbassò con forza, suscitando nel morfo un gemito di protesta.

“Ascolta,” disse Lillian, ponendosi di fronte a lui e affrontandolo. “Non è nascondendosi la testa sotto un cappuccio che eviterai gli HRS.”

“Sì, ma…”

“Io sono rimasta rintanata per una notte sotto le coperte, fino a quando Francine non mi ha tirato fuori facendomi capire che questa… è… una… cazzata. Non puoi nasconderti: è quello che loro vogliono. E poi, scemo, non è nascondendo un paio di orecchie lunghe che ti nasconderai a loro.”

Mills distolse lo sguardo per qualche attimo, mentre le orecchie gli tremolavano. “Hai ragione,” si limitò a concludere.

Lillian gli sorrise. “Vieni, devo parlarti,” gli disse, portandolo verso le scale mobili. “Dall’incidente… è passato un mese. Non hai ancora trovato un altro… un altro gruppo con cui suonare?”

“No. Non ne ho avuto voglia.”

“Non hai più voglia di suonare?”

“No, di quello ho voglia. Non ho voglia di… di rimettermi a suonare di fronte alle persone. E’ ancora dura per me, Lilly, è stato un… un botto, è stato qualcosa di grosso, mi… io ho ancora paura. Sono venuti nel locale in cui suonavo e hanno sparato in mezzo alla folla… hanno ucciso un mio amico, il cantante, e una ragazzina che non c’entrava un cazzo, la cui unica colpa era… avere una coda fuori dal culo. Capisci…”

“Lo so, Mills. Ma dopo tre mesi è venuto il momento di superare la cosa. E io ho la soluzione.”

“Dimmi.”

Gli si piazzò davanti. “Un nuovo gruppo.”

“E con chi?”

“Con me, ovviamente.”

Mills inclinò la testa da un lato, rizzando le orecchie. “Scusa?”

“Ieri ho parlato con Ivan, e mi ha detto una serie di cose che mi hanno fatto suonare un sacco di campanelli in testa, Mills. Noi due… abbiamo un talento, no? Tu sei un ottimo batterista…”

“Ma no, dai…”

“Sei sicuramente uno dei migliori che conosca. Io, invece, so… cantare.”

“Hai una voce… una delle migliori che conosca,” commentò Mills.

“Abbiamo già due componenti di un gruppo, non credi?”

“Sì, Lilly, ho capito. La mia domanda è: perché farlo?”

“Perché possiamo dare qualcosa alla gente e possiamo reagire agli HRS, Mills,” spiegò Lillian. “Loro ci vogliono sotto terra? Noi gli daremo un gruppo fatto solo di morfi in grado di incantarli tutti. Li fotteremo e alla grande,” concluse, battendosi una mano con il pugno. “Potremmo chiamare Randolph, lui ci ospiterebbe per il primo spettacolo, è sempre stato dalla nostra parte…”

“Un gruppo di soli morfi…”

Qualcuno si schiarì la gola accanto a loro. Un commesso di Harrods, un piccolo topo, gli si avvicinò. “Vi serve un bassista? Il mio gruppo si è sciolto l’altro ieri. Mi chiamo Nicholas.”

Quella sera, su Facebook:

Jules scrive: Attenzione, attenzione a tutti i morfi in ascolto sul web, ho un piccolo annuncio per voi, anzi, per noi. A Londra sta nascendo un gruppo, una rivolta musicale contro gli HRS. Per 27 anni ci siamo fatti prendere per il culo, nessuno ci difende ed è ora che ci rimbocchiamo le maniche. C’è una cantante, abbiamo un batterista e un bassista, ma ci servono altri componenti per una band di cover. Chi ci risponde?

Kevin scrive: Non so suonare neanche la chitarrina giocattolo per i bambini di tre anni, ma se vi serve qualcuno che vi faccia volantinaggio per la città io ragazzi ci sono.

Kourage Kat scrive: Jules, io ho anni di pianoforte alle spalle in Italia. Se hanno bisogno di qualcuno, la disponibilità la do.

Claire scrive: Serve una ballerina? ;-)

Lillian scrive: @Claire: se ti metti a ballare tu la trasformiamo in un’orgia! Ma per le serate calde ti chiamiamo.

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