domenica, dicembre 19, 2010

Capitolo 9 - Lillian parla con Mills

“Non ho assolutamente voglia di far compere oggi, Claire,” le stava dicendo Lillian, ancora a letto alle undici di quella Domenica mattina di pigrizia. “Oggi è un giorno di riposo, ieri abbiamo provato e ammetto che sono abbastanza stanca…”
“Andiamo! Dobbiamo parlare di quel peso di cui mi dicevi e dobbiamo assolutamente cercare quel vestito, Lilly,” incalzò la tigre. “Ho già…”
“Lo so che hai seicento idee, ma preferisco starmene in casa e godermi la casa.”
“Allora che ne dici se vengo lì da te fra… un’ora? Ci guardiamo un film, parliamo, ci rilassiamo, magari si mangia insieme e nel pomeriggio vediamo cosa fare, pigrona. Che ne dici?”
“Che è un piano che non mi dispiace,” ammise Lillian, dopo aver finito di bere ciò che rimaneva del suo latte al cioccolato nella tazza. “E’ un po’ che non ci vediamo un film insieme.”
“Lo porto io?”
Lillian si dovette mordere le labbra per non implorare all’amica di non farlo. “Che ne dici di sceglierlo insieme?” propose, sperando che la possibilità di sceglierlo assieme potesse evitarle l’ennesima visione di una delle puntate di “Sex & the City,” che Claire amava e la tasso non poteva sopportare.
“Ok per me! Allora ci vediamo lì fra un’ora. E non farti trovare in pigiama! A proposito, non mi dirai che hai ancora quel pigiama sformato di pile… dimmi di no, dimmi che l’hai cambiato.”
“Mai. Ce l’ho indosso proprio ora e non vedo perché dovrei cambiarlo, in nome del cielo.”
“Perché è vecchio, sformato e completamente privo di ogni sensualità. Vuoi degli altri motivi, Lilly?”
Lillian rise. “Sensualità! Come se mi servisse a qualcosa…”
“Magari a far colpo su Ivan?” affondò la tigre.
“Su Ivan? Ma come ti vengono certe idee!”
“Andiamo, l’hai detto tu stessa, qualche giorno fa, non negarlo. Hai detto chiaro e tondo che ti piaceva.”
“Sì, so cos’ho detto, ma ho… rivisto le mie posizioni al riguardo.”
“Ah-ah. Al telefono sei bravissima a mentirmi, ma di persona non ce la fai. Quindi, rimandiamo questo discorso a più tardi.”
“D’accordo,” concluse Lillian, con un sorrisetto di sfida.
E con lo stesso senso di sfida accolse l’amica in casa in pigiama. “Eccoci qui, io e il mio pigiama privo di sensualità.”
“Sei una… donna inqualificabile, Lillian Edgecombe,” disse la morfa, entrando in casa e slacciandosi il giubbotto, completamente intriso di pioggia. “Fuori piove… uff! Ho la pelliccia tutta zuppa.”
“Prendere un ombrello, magari? Sai, li hanno inventati apposta.”
“Mi si è rotto, Lilly!” esclamò Claire, appendendo il giubbotto all’appendiabiti all’ingresso dell’appartamento.  “Poco fa, venendo qui, un colpo di vento allucinante. Me lo ha rivoltato come un calzino e mi si sono completamente distrutte le stanghette. Lo avevo pagato fior di sterline, cazzo…” ringhiò poi.
“In bagno c’è il phon già pronto, se vuoi asciugarti. Povera cucciola…”
La morfa si distese, sospirando. “No, grazie, Lilly. Però, quel pigiama…”
“Senti,” disse la tasso, sedendosi accanto a lei sul sofà. “Lo devo vedere solo io, al massimo qualche amica che venga a dormire qui. Su chi dovrei far colpo, scusa?”
“Su Ivan, te l’ho detto.”
“Sei una gran testarda, Claire. Ti ho già detto che…”
“Non me la fai, Lilly. Non sono cretina. Puoi dirlo a te stessa, puoi ripetertelo fin quanto vuoi, ma illudi solo te stessa, non Claire Hogarth. Mi ricordo bene il tuo sguardo quel giorno, e lo vedo anche ora nei tuoi occhi. Ivan ti piace, non puoi negarlo.”
“Mi piaceva,” la corresse Lillian. “Ora le cose sono cambiate.”
“Dimmi perché. Dimmi perché ti piaceva prima e ora hai cambiato opinione sulla cosa.
Lillian si passò una mano fra i capelli, innervosita dalla conversazione. “Mi piaceva perché è giovane, ha un certo talento, è simpatico… e belloccio, sì, perché no. Ma ho deciso che certe cose è meglio se vengono lasciate perdere. Perché lui è un umano, Claire, non è della nostra specie. Non è il caso che…”
“Oh, dai, non farti di questi problemi, Lilly.”
“Claire, non è il caso, fidati,” concluse la ragazza.
“Ma se ti piace… oh, insomma!” sbottò la tigre. “Non sono tua madre, non starò mai a dirti cosa devi fare o cosa non devi fare, e di sicuro non sono una di quelle vecchie bacchettone che sanno sempre cosa sia giusto e cosa sia sbagliato, ma sono una tua amica. Sono single anche io, Lilly, nel caso non l’avessi notato, e lo sono perché anche io faccio fatica a seguire quello che vorrei.”
“Cioè?”
“Questioni che devo risolvere, Lilly, ma ti prometto che saprai tutto a tempo debito. Anche perché qui non si parla di me, ma di te. Anche io sono single, dicevo, e so il perché. Ho commesso un errore, ma so qual è e sto ponendo rimedio: non seguo quello che voglio, non do ascolto al mio cuore. A volte il cuore fa fare delle gran cazzate, è vero, ma ci sono situazioni in cui va ascoltato per poter vivere la vita. E anche le cazzate fanno parte della vita, Lilly: ti insegnano come vivere e cosa non fare. Commetti errori, vivi,” disse Claire, afferrandole la spalla con una mano. “Goditi la vita, afferra la tigre per le palle!”
In tutta risposta, Lillian le mise le mani sul seno. Claire se le scrollò di dosso e si allontanò da lei. “Che ti è preso?”
“C’era una tigre qui, ma non ha le palle, non sapevo come prenderla…”
Claire scoppiò a ridere, seguita dalla tasso. “Idiota!” urlò, lanciandole uno dei cuscini sul divano. Passarono i successivi minuti a combattere a suon di cuscini e solletico, quindi insieme scelsero il film da guardare e si godettero la mattinata.

“Come ti sono sembrati i ragazzi ieri?” chiese Lillian quella sera al suo amico.
“Ottimi, direi. Nicholas è molto bravo,” disse Mills, pulendo il tavolino presso cui erano seduti. Si “Ho una sensazione fantastica riguardo il gruppo, Lilly.”
“Bene, sono contenta. Anche io sono molto… positiva al riguardo. Abbiamo messo insieme una buona… una buona…”
“Un buon complesso?”
“Sì, esatto. Un buon complesso,” fece la tasso. “E sono sicura che riusciremo ad essere in perfetto… ordine, al momento del nostro primo concerto.”
“Avrei voluto però che dimostrassi completamente le tue capacità, Lilly,” fece il cane. “Hai appena grattato la superficie, l’altro giorno, e non è stato soddisfacente.”
“Oh, Mills… ancora con questa storia?”
“Io continuerò a tirarla fuori fin quando tu non ti deciderai a fare qualcosa in merito, Lilly. Cioè, andiamo, Corinne è brava, ha una voce particolare ma non è nulla di particolarmente eccezionale. Non è come te: tu hai un talento unico, ed è giusto che lo tiri fuori, porca puttana.”
“Non…”
“Non tirare fuori scuse, Lilly: non ne hai,” disse Mills. “Tu alla prossima sessione di prove darai il meglio di te. Giuralo.”
“Non posso.”
“Perché?”
“Perché… perché non mi…”
“Non ti fidi? Non senti all’altezza?”
“Non mi sento all’altezza, no.”
Mills le pose le mani sulle spalle. “Lilly, ora smettila. E’ inutile continuare con questa storia, ok? Inutile, ti dico. La tua voce è splendida, e voglio, anzi, pretendo, che tu la tiri fuori e la fai sentire a tutti. Dalla prossima sessione di prove!”
“Io…”
“Lo fai per me?” le chiese, abbassando le orecchie e fissandola con i suoi grandi occhi. “Per favore…”
“Ti odio, Mills. Dal profondo del mio cuore.” Lillian sospirò. “Non puoi farmi quegli occhi…”
Mills uggiolò.
“Infame. Me la pagherai. Lo sai che non posso dirti di no quando fai il cucciolo. Lo giuro, dalla prossima sessione di prove mi impegnerò a cantare.”
Mills levò le braccia al cielo, i pugni chiusi. “Evviva!”
“Bastardo.”
“Non parlare così ad un cane, potrebbe prendersela.”
Lillian si voltò, sentendo una voce nota. A breve distanza da lei, appoggiato al bancone del locale, Ivan stava bevendo qualcosa di scuro, parlottando con un uomo calvo di corporatura massiccia. “C’è Ivan. Vado un attimo a salutarlo.”
“Il tuo studente? Ti aspetto qui.”
“Grazie. Ci metto un secondo.”
Lillian si avvicinò a Ivan, ponendogli una mano sulla spalla. “Ciao, Ivan.”
“Ehi, Lilly, ciao! Non immaginavo di trovarti qui…” L’uomo alla destra di Ivan gli batté la mano sulla spalla e si allontanò, facendogli cenno, con la mano chiusa e pollice e mignolo estesi, di richiamarlo. Ivan lo salutò con un gesto della mano.
“Ho interrotto qualcosa?”
“No, tranquilla, Marcus stava andando via. Come mai sei qui? Ti offro qualcosa…”
“No, grazie, sono con un amico,” disse la morfa, indicando Mills.
“Ah, capisco.”
“Tu, invece?”
“Io sto aspettando alcuni amici per la serata. Domani…”
“Alle cinque, puntuale,” fece Lillian, riferendosi alla lezione di musica.
“Sì, perfetto.”
“Allora a domani, Ivan,” lo salutò Lillian, indugiando qualche secondo prima di tornare al suo tavolo.
“Lilly, forse è meglio che vada,” fece Mills, guardando l’orologio.
La ragazza lo guardò, perplessa. “Scusa? Ma… ma sono appena le dieci di sera. Mi avevi detto che non avevi nulla da fare…”
“Sì, ma… domani devo svegliarmi presto, sai, e comincio ad essere stanco…”
La morfa inclinò la testa da un lato, continuando a fissare il cane, le sopracciglia aggrottate. “Mills? Ma… ma sei geloso o è una mia impressione?”
Il cane si alzò in piedi, indossando la giacca. “Geloso? No, direi di no. Di chi?”
“Di Ivan,” fece Lillian, a voce bassa.
“Eh? No, assolutamente! Ci mancherebbe, è il tuo studente, è un tuo amico, è normale che tu lo voglia salutare…” disse Mills, avviandosi verso il corridoio d’uscita dal locale.
Lillian gli si piazzò davanti. “Allora perché ti stai comportando così?”
“Te l’ho detto: domani devo svegliarmi presto.”
“Mi stai mentendo,” gli disse lei, stringendo gli occhi a due fessure sottili. “Lo sento e lo vedo.” Gli puntò un dito contro il petto. “Ora tu mi dici la verità, o non ti faccio uscire di qui. Bada, Mills, non sono una piuma e tu non sei un bodybuilder: non mi faccio smuovere così facilmente.”
Di fronte alla caparbietà della ragazza, il cane non poté reagire come avrebbe voluto. Lillian poté vedere il suo sguardo mutare, facendosi via via meno combattivo, le sue orecchie lentamente calare e la pelliccia sul collo rilassarsi. “’fanculo…” mormorò.
“Allora? Sono qui che aspetto una risposta. Non si fa aspettare una ragazza.”
“Va bene, va bene. Non sono geloso, Lilly. Era solo una scusa per uscire di qui, meglio se con te, ma non sono geloso.”
“Spiegati meglio. Perché avremmo dovuto uscire?”
“Perché quell’Ivan non mi piace,” rispose subito il cane, drizzando nuovamente le orecchie.
“Ivan?” Lillian si sporse nella sala, osservando il ragazzo ancora seduto al bancone, che chiacchierava con due giovani, apparentemente suoi coetanei. “Cos’ha di strano? E’ un ragazzo come tanti…”
“Lui, probabilmente, ma il tipo che stava parlando con lui… l’ho già visto da qualche parte, e non associo a lui nulla di positivo,” disse Mills. Lillian lo fissò negli occhi: la luce che vi brillava, di inquietudine e di rabbia, non era fasulla. Mills non le stava mentendo, stavolta.
“Va bene, Mills, ho capito. Se mi dai il tempo di prendere le mie cose possiamo uscire.”
“Grazie, Lilly. Ti aspetto fuori con la macchina, ho l’impressione che stia piovendo,” disse il cane, seguendo con lo sguardo persone che entravano nel locale posando ombrelli bagnati.
“Arrivo fra un attimo.”
Poco dopo, in macchina, sotto la pioggia torrenziale dei primi giorni di Dicembre, Mills si scusò con lei per il suo comportamento. “Mi dispiace, Lilly, non volevo. Ti sarò sembrato uno stupido.”
“No, non mi sei sembrato uno stupido… solo all’inizio, lo ammetto. Ma perché non mi dici le cose che pensi?”
“Perché non voglio condizionarti o… impensierirti.”
“Mi dai più pensieri comportandoti così, Mills. Sono tua amica…”
“Sì, lo so,” disse il cane.
“…e tu devi fidarti di me, scemo. Non devi aver paura di quello che posso pensare, perché sarò sempre al tuo fianco,” gli disse. “Gli amici veri ci sono sempre, l’uno per l’altro.”
“Lo so, Lilly… è… è per questo che…”
“Ascolta, io capisco che tu abbia voluto allontanarmi da lui per quel motivo, e ti ringrazio del pensiero, Mills, davvero. Ma avrei solo preferito che tu me lo dicessi chiaro e tondo, e ci saremmo risparmiati la scenata di prima e questa lunga chiacchierata sotto la pioggia,” disse la morfa.
“Scusa,” ripeté il cane.
“Niente, scemo,” fece lei, passandogli una mano sulla testa e scompigliandogli la pelliccia. “Dove vuoi andare ora?”
“Non so. Ti va di bere qualcosa?”
“Ho voglia di un posto particolare. Di cose diverse dal solito.”
“So dove portarti, allora.”

Su FaceBook, quella notte:
Lillian Edgecombe: Sono un po’ brilla, cara internet. Ho bevuto birra con un po’ di idromele su consiglio di Mills, e forse è stato un po’ troppo per la mia testolina. Ed è notte. Quindi ora vado a nanna. Ci si vede domani.
Jules Penderton: Mills non mi ha mai suggerito posti che vendono queste cose! Infame! Ci voglio andare anche io!
Kevin Clarken: @Jules: se ci vai ti dovremo raccogliere col cucchiaino.
Jules Penderton: @Kevin: ma va. L’alcool lo reggo benissimo, io. Non come un certo altro ratto di mia conoscenza…
Claire Hogarth: Topastri, che andate cianciando tutti e due? Non potete parlare delle vostre serate alcooliche fra di voi? @Lillian: scusali, sono due idioti. Maschi. Buonanotte, cucciola! :*

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