sabato, marzo 26, 2011

Capitolo 21 – Lillian ci riprova

“Ehi, siamo in ritardo,” le disse Mills, mentre avviava la macchina e Lillian chiudeva la portiera.
“Sistemare le ultime cose, finire di scegliere gli abiti, rilassarsi, rilassarsi.” Si voltò verso di lui, mostrandogli i denti in un finto sorriso. “Ciao, Mills. Non è facile essere donna, lo sapevi?”
Il viaggio proseguì in silenzio per alcuni istanti, durante i quali Lillian colse Mills lanciarle continue occhiate. “Che hai da guardare?” gli chiese, quando non riuscì più a sopportarlo.
“Ieri non hai detto nulla di come hai passato il Natale.”
“E non potevi semplicemente chiedermelo?”
“E’ che…”
“Che…?”
“Che ti vedo strana, Lilly. Da ieri non… non so, ieri alla festa eri…”
“Ero allegra, non vedo cosa ci fosse di male. Mills, fermati qui, per favore.”
“Perché?”
“Tu fermati e basta.”
Il cane accostò la macchina, come lei gli aveva chiesto. Lillian si voltò verso di lui, rivolgendogli uno sguardo deciso ma non duro. “Ascolta, Mills, va tutto bene. Io sto bene. So perché vuoi sapere come è andata, so perché tutti quegli sguardi, e sei molto dolce a preoccuparti per me, davvero. Ma non c’è nulla che non vada.”
“Ma tuo nonno…”
“Mio nonno è un vecchio pieno di odio verso il mondo, ma è una persona che da anni è sola e vive in una catapecchia senza nessuno che si prenda veramente cura di lui, perché lui stesso non vuole,” spiegò la ragazza. “Certo, è stato uno stronzo con me, e lo ha dimostrato ampiamente anche questa volta, e ho sofferto per la cosa, ma non posso più permettere a questo tipo di persone di farmi del male di continuo, Mills. Ho una vita, e la cosa migliore che posso fare per me stessa è portarla avanti e vincere su di loro facendo vedere quanto valgo, non correre fra le braccia degli amici in lacrime ogni volta che qualcuno mi prende in giro perché ho il muso lungo e la coda, per quanto una coccola e una carezza mi facciano sempre stare bene. Quindi, per favore, stai tranquillo.”
Lui sospirò, sollevato. “Va bene. Ci provo.”
Lillian sorrise. “Ti preoccupi troppo per me.”
“Be’, sono tuo amico, ci tengo. Possiamo andare, ora?”
“Mi chiedo cosa tu stia facendo ancora accostato.”
Mills fece ripartire la macchina, mettendosi di nuovo nel traffico. “E la dieta? Sei riuscita a mantenere i tuoi propositi?”
“Puoi contarci.”
“Giura.”
“Ti giuro. Non ho toccato dolce, se non qualche tè e cioccolata calda di tanto in tanto.”
“Niente pranzi luculliani?”
“No, figurati,” disse Lillian. “Il nonno non aveva preparato nulla, e ha dovuto pensare a tutto mio padre.”
“Il signor Edgecombe sa cucinare?”
“Papà? No, assolutamente! Sa solo preparare il tacchino ripieno.”
“Be’, è già qualcosa, no?”
“Mills, sa fare solo quello in cucina. Per tutto il resto è una frana.”
“Quindi immagino abbiate mangiato tacchino tutto il tempo.”
Lillian rise. “Per fortuna no! Solo il giorno di Natale. Per il resto, il nonno ha cercato di aiutarlo dove lui non arrivava.”
“E tua madre?”
“Oh, lei cucina tutti i giorni dell’anno. A Natale ha preteso una pausa e se l’è meritata.”
“Regali?”
“Mia madre e mio padre mi hanno regalato un bellissimo album fotografico di quando ero piccola. Voglio aggiungerci foto nuove, foto… recenti. Da cucciola a grande, insomma.”
“E’ una bellissima idea.”
“Io però non ho pensato a nulla per loro… la cosa mi ha fatto sentire un po’ in colpa.”
“Ah, succede. Hai avuto mille cose da fare, mille cose a cui… pensare… insomma, a volte capita, no?”
“Sì, certo,” disse Lillian. “Ma non mi piace lo stesso. Sono stata contenta di avere avuto la possibilità di rimediare, almeno con voi.”
“Ieri immagino avrai passato la giornata fuori casa,” fece Mills, sorridendo.
“Non immagini che razza di giri abbia dovuto fare. Soprattutto per trovare quello zaino che ti ho regalato.”
“E’ bellissimo, Lilly, grazie.”
“E grazie a te per la registrazione del concerto, Mills. Sai che… l’ho fatta sentire a mio nonno?”
“Davvero?” disse lui, inarcando un sopracciglio. “Sei riuscita a far sentire a quel fascista il nostro concerto?”
“Sì. L’idea me l’ha suggerita mio padre, ma era azzeccata. Alla fine, prima che tornassimo a casa, ha persino detto che ho una bella voce.” Lillian scosse la testa. “Mio nonno che mi fa un complimento… mai accaduto in… perché annuisci?”
“Io? Sì, be’… è vero, dopotutto… non succede tutti i giorni di sentirselo dire da uno come lui, no?” disse Mills.
“Sì, hai ragione… sai, Mills…”
“Eccoci qui,” l’interruppe Mills, accostando davanti al vialetto d’ingresso della rimessa di Nicholas. Gli altri membri del gruppo erano già presenti, in attesa all’esterno.
“Ma… sono già tutti qui?” chiese Lillian.
“Sai, Lilly, abbiamo mezz’ora di ritardo.”
“Oh, Dio.” La tasso uscì di fretta dalla macchina, correndo verso gli altri. “Scusatemi, è solo colpa mia! Ci ho messo una vita a prepararmi!”

Il gruppo trascorse l’intera mattinata provando e riprovando le canzoni. Corinne era chiaramente fuori forma: faticava a ricordare i testi e i momenti in cui inserirsi durante i brani, e la cosa rallentò molto le prove.
Mentre Nicholas e Mills preparavano la tavola per il pranzo, Lillian prese da parte la licaone.
“Ehi, che succede?” le chiese, visibilmente preoccupata.
Lei scosse la testa. “No, nulla… sono solo un po’ fuori fase.” Vedendo che Lillian continuava a fissarla in silenzio, la fronte aggrottata, Corinne sospirò. “Va bene,” disse, a voce più bassa. “E’ stata una notte un po’ troppo brava.”
“Bevute?”
“Uomini. Morfi, per essere oneste.”
“Cose private?”
“Non più del dovuto. Diciamo che sono in una situazione complicata con una persona, e la cosa si riflette su quel che faccio. Sto anche cercando un lavoro, sono in prova come cameriera in un pub qua vicino, ma non è il massimo, quindi sono tesa anche per quello…”
Lillian le pose una mano sulla spalla. “Andrà tutto bene, Corinne, vedrai. Prendi questo impegno del gruppo come un modo per sfogarti. Ti aiuterà.”
“A te è mai successo?”
“Storie strane con degli uomini? Be’, se avessi avuto degli uomini…”
Corinne ridacchiò. “No, non quello. Intendo dire… tante cose, tanti stress che ti si accumulano tutti sulla testa fin quando non capisci più nulla…”
“Ah, sì,” fece Lillian. “La mia vita fino a pochi anni fa è stata così.”
“E come ne sei uscita?”
“Ho cercato di…” Le parole le morirono in bocca, appena si rese conto di non saperle dare una risposta. “…non ne sono uscita, a dire il vero,” ammise, più a se stessa che a Corinne. “Scusa, non è il modo migliore per aiutarti.”
“Non fa niente, davvero. Però vedo che comunque te la stai cavando… come fai?”
“Credo… credo che il fulcro sia capire quello che vuoi e andare… andare avanti seguendo quello. Almeno credo. Io ho cercato qualcosa che mi facesse sentire bene, ho trovato voi e il lavoro come istruttrice. La cosa mi ha aiutato non poco.”
Corinne sospirò ancora. “Proverò. Grazie, Lilly, davvero.”
“Ma figurati. Ehi, è ora di pranzo. Non hai fame?”
Le due morfe si diressero verso il tavolo, su cui Nicholas e Mills avevano portato piatti, posate, bicchieri, bevande e una gran scelta di cibo. Lillian rimase sorpresa dalla varietà di cose che erano state allestite.
Prese una tartina e cercò Mills. “Mills? Mills, chi… chi ha… dove avete preso tutta questa roba?”
“L’ho comprata ieri,” dichiarò il cane, pulendosi le labbra da una traccia di salsa al tonno.
“Tutto questo?”
“Certo, e anche quello che servirà per la cena di stasera. Perché me lo chiedi?”
“E’… be’, mi aspettavo la solita pizza.”
“Se ti dispiace posso…”
“No, assolutamente!” lo interruppe lei. “Anzi, se per una volta non mangio pizza sono ben felice, lo ammetto. Ma come mai avete deciso di prendere tutto questo?”
“Perché volevo fare le cose per bene. Mi sono occupato io del catering, oggi. Insomma, diavolo, è una giornata intera di prove, è giusto che ce la godiamo, no?”
Lillian sgranò gli occhi. “Davvero, non immaginavo che…”
Mills sorrise. “Quando mi impegno so fare le cose per bene. Anzi, ammetto che temevo che non avresti mangiato, dopo Natale.”
“Te l’avevo detto che sarei stata a dieta,” fece Lillian.
“Lo so, ma non so i tuoi parametri del pranzo di Natale, quindi non potevo immaginare.” Il ragazzo addentò un piccolo sandwich. “Uhm… non per… insomma… da quanto sei a dieta?”
“Da qualche settimana… perché?”
“Si vede,” commentò l’altro. “Scusa, Lilly, vado a prendere qualcosa da bere,” disse, allontanandosi.
Lillian rimase a fissarlo per qualche istante, oggettivamente stupita dal comportamento del cane. Si era occupato del pranzo, le aveva fatto complimenti per un dimagrimento a cui lei neanche pensava più, si era preoccupato per come sarebbe stata per lei la vacanza presso suo nonno… Non era il Mills mammone, un po’ imbranato e disorganizzato che ricordava. Si chiese cosa fosse successo, perché si comportasse così…
A distoglierla dai suoi pensieri, il trillo del telefono.
“Lillian? Lillian, mi senti?”
“Uh, ciao Randolph. Sì, ti sento bene,” disse Lillian, facendo cenno agli altri di parlare piano. Senza emettere suono, con le labbra mimò il nome del ragazzo, ottenendo l’attenzione di tutti. “Tutto a posto?”
“Sì, qui sì. Immagino che stiate provando, giusto?”
“Sì, stavamo… siamo quasi al termine delle prove. Siamo carichi e…”
“Bene, è meglio che manteniate quella carica e che domani siate pronti. Mi metti in vivavoce, se puoi? Devo dirlo a tutti, voglio che mi sentano tutti.”
“Va bene…” Lillian armeggiò qualche istante con il telefono. “Ecco, ora ti sentono tutti,” disse, alzando la voce e facendo cenno agli altri di avvicinarsi al telefono. “Randolph vuole dirci qualcosa.”
“Ci siete tutti? Mi sentite? Ok. Allora, tenetevi forte. Vi ricordate dell’articolo che Lillian vi ha fatto leggere? Di quella e-zine? Ecco, al prossimo concerto vorranno intervistarvi, immediatamente dopo l’esecuzione!”
“Cosa?” esclamò Nicholas. “Stai scherzando, vero?”
“Non sto scherzando, niente scherzi, ragazzi, ve lo posso assicurare. Ve l’ho detto, poche ore dopo il vostro primo concerto avevo già richieste per un bis. D’accordo, non è il Sun, è solo una e-zine, ma non capita tutti i giorni una intervista simile, no?”
“Ecco, lo sapevo: domani dovrò cercare un nuovo vestito,” si lamentò Corinne.
“Ecco, esatto, proprio questo. Vi voglio super-carichi, ragazzi, sia durante che dopo il concerto.”
“Non assicuro per il dopo…” disse Mills.
“Ma lo saremo, ragazzi,” fece subito Lillian. “Lo saremo. Be’, Randolph, grazie per la notizia, ti assicuro che siamo tutti piuttosto sconvolti.”
“Oh, ma se non lo siete ora lo sarete domani,” commentò Randolph. “L’intervista sarà nella stanza del relax, quella dietro il palco in cui siete stati la volta precedente, prima di suonare. Sto andando a prendere un divano per voi. Devo scappare, Lilly, non immagini i… preparativi, le cose da fare, prendere, le persone da sentire… ci vediamo domani sera, ragazzi, puntuali e precisi!” disse Randolph subito prima di chiudere la telefonata.
Lillian si voltò verso gli altri, che avevano gli occhi fissi su di lei. “Be’… avete sentito tutti, no? Ci intervisteranno,” fece, mentre un gran sorriso si allargava sul suo volto.

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