domenica, aprile 03, 2011

Capitolo 22 – Lillian ritrova un amico

“Chris?” fece Lillian, notando due grandi orecchie pelose in mezzo alla folla ancor prima del sorriso felino rivolto verso di lei. “Chris! Ma sei tu!”
La tasso corse verso la lince, abbracciandolo con forza. L’uomo emise un gemito, poi le passò una mano fra i capelli, scompigliandoli tutti. “Ti sono proprio mancato, eh, Lillian?”
“Tre anni, Chris, tre anni. Non ti fai vivo da tre anni, e poi… bam! Eccoti qui al concerto!”
“Avete trovato una ottima, ottima squadra,” disse la lince, accennando con un gesto della mano al resto del gruppo, impegnato in saluti e chiacchiere dopo l’esibizione con conoscenti di vario tipo.
“Be’, ci siamo…” Lillian s’interruppe, afferrando la mano sinistra di Chris. “E questo?” disse, sollevando l’anulare  per vedere bene l’anello che portava. “Sei sposato?”
“A quanto pare, sì,” rispose l’altro.
“E lei dov’è, ora?”
“Quante domande, Lillian! Non pensi sia il caso di parlarne a quattr’occhi in un posto più tranquillo, magari davanti ad un bicchiere di qualcosa di buono?”
“Sei sposato,” gli fece ricordare la morfa, come a sgridarlo.
“Non è una proposta indecente, Lillian. E’ un invito da parte di un vecchio amico per fare due parole. Allora?”
“Ci sto.”
“Ci vediamo qui, allora,” disse Chris, porgendole un piccolo biglietto da visita. “E’ un mio amico, e il posto è carino. Un pranzo, a mezzogiorno. Ci conto, Lillian.”
“Anche io, Chris. A domani!” lo salutò, mentre lui si avviava in mezzo alla folla verso l’uscita.
Qualcosa le toccò la spalla. Senza voltarsi, Lillian riconobbe la zampa di Mills.
“Chi era quello?” chiese lui.
“Christian Harrington,” rispose Lillian. “Figlio di amici di famiglia. Siamo andati a scuola insieme per diverso tempo, quando eravamo cuccioli. Poi i suoi si sono trasferiti in Canada. Non lo sento da tre anni.”
“Da come lo hai abbracciato mi sembrava fosse un po’ più di un amico.”
Lillian rise di cuore. “Mills! Ma sei geloso, per caso?”
“No,” fece lui, scuotendo la testa. “Solo molto curioso.”
“No, non… be’, ok, lo ammetto: quando ero più cucciola mi sono presa una cotta per lui, una cotta non da poco. Ma tutte le ragazze della classe gli sbavavano dietro, quindi non credo che il mio caso sia… rilevante.”
“Era il classico sciupafemmine?”
“Macché! Non ha toccato una ragazza per tutti gli anni scolastici. Alcuni dicevano che fosse omosessuale; la realtà è che lui ha sempre avuto in mente un certo tipo di… partner, e non si è fermato finché non l’ha trovata. E a quanto pare c’è riuscito,” concluse.
“Ragazzi!” urlò Yvonne, correndo verso di loro come meglio poteva, stretta nel suo abito bianco. “Ragazzi, eccovi! Sono arrivati i tipi della zine! Inizia l’intervista!”
“Via, allora,” disse Lillian, avviandosi assieme alla cerva e a Mills.
Non riuscì a fare dieci passi senza fermarsi di nuovo, sentendosi addosso uno sguardo. Si girò attorno, conscia di sentire un odore familiare. Impiegò qualche secondo ad individuare Ivan, seduto al bancone del bar, che la fissava sorridente. “Mi stavo chiedendo quanto ci avresti messo,” disse, quando lei corse verso di lui.
Il sorriso di Lillian era così grande da arrivarle agli occhi. “Ivan! Ma allora sei venuto!”
“Ho saltato il primo concerto; volevo rifarmi, e devo dire che ne è valsa la pena!”
Lei gli porse istintivamente le mani, e lui le prese. “Sono felice che tu sia qui, Ivan, davvero!”
“Anche io,” rispose lui. “Sei stata grande, siete stati tutti bravissimi…”
“Oh, vorrei stare davvero di più qui con te a parlare, Ivan, ma devo assolutamente andare,” replicò Lillian, lasciando la presa. “Ci intervisteranno a momenti.”
“Giura,” fece l’altro, sgranando gli occhi.
“Ti stampo l’articolo e te lo porto appena lo pubblicano, così avrai le prove. Ci vediamo, Ivan, grazie per essere venuto!” fece, allontanandosi senza sentire la sua risposta. Avergli preso le mani l’aveva fatta sentire terribilmente imbarazzata: aveva agito senza pensare, cercando solo un contatto da parte sua, forse solo per condividere con lui la sua felicità e le sue sensazioni, forse per il piacere di sentirlo vicino in qualche modo, forse per altro ancora.
All’interno della stanza l’attendevano gli altri membri del gruppo, in piedi attorno ad un  grosso divano color oro, Randolph e due morfi. Appena entrata, Randolph chiuse la porta. “Vi chiedo scusa se il divano non è il massimo,” disse Randolph. “E’ tutto quello che sono riuscito a trovare oggi. Forse però è troppo piccolo per voi sei…”
“Oh, non è un problema,” fece Lillian. “Sto volentieri in piedi,” disse, alzando lievemente l’orlo dell’abito e mostrando meglio i piedi nudi.
“Sì, anche io,” le fece eco Milla. “Dopotutto, non faccio altro che star seduta durante tutto il concerto, non mi farà di certo male.”
“Bene, ora che vi siete organizzati, penso sia il momento di iniziare, no?” disse il gestore del locale, facendo cenno ai due morfi estranei di avvicinarsi. “Loro sono Drew e Jude, i vostri intervistatori.”
“Ciao,” si presentò Drew, una soriana così magra da indurre Lillian a chiedersi se avesse mai mangiato in vita sua. “Io sono Drew, e lui è Jude,” disse, indicando la renna, che stava sistemando una grossa macchina fotografica su un treppiedi. “Siamo i redattori di All that Fuzz, la ‘zine. Siamo contenti di poter essere venuti di nuovo a vedervi e potervi intervistare. Chi è il lead, qui?”
I membri del gruppo si scambiarono occhiate perplesse. “Il… lead?” fece Nicholas.
“Un portavoce.”
“Non abbiamo mai seguito questa… cosa…” disse Corinne. “Abbiamo sempre pensato che tutti avessimo lo stesso peso, nel gruppo. Niente capi, niente prime e seconde voci, non in senso stretto, almeno, niente del genere.”
“Quindi…?”
“Quindi,” continuò per lei Lillian, che la vedeva completamente smarrita. “Qualsiasi risposta darà uno di noi sarà quella ufficiale.”
“Molto bene,” replicò Drew, con un sospiro di sollievo. Lillian colse, con la coda dell’occhio, un ghigno dipingersi sul volto di Randolph, che stava alle spalle della gatta. “Vogliamo cominciare?”

“Giuro che quando ho letto quel servizio non ci potevo proprio credere. La piccola Lillian Edgecombe che si esibisce di fronte ad una folla di gente! Non era nel tuo stile, davvero,” fece Chris, concludendo con una risata. “Ero abituato ad una… palletta di pelo che non riusciva neanche a muoversi senza tremare di paura, e ora chi mi ritrovo davanti? Una cantante! Il tempo cambia davvero la gente.”
Lillian bevve un sorso del suo succo di frutta, seduta al tavolo davanti a Chris. Stava aspettando la sua porzione di pesce e patatine, mentre l’altro aveva già iniziato a divorare il piatto che aveva davanti. In quello, lui non era mai cambiato, si disse la morfa. “Hai ragione. Non me lo aspettavo neanche io, e ammetto che fino a quando non mi sono ritrovata su quel palco non ci ho creduto. Figurati poi di quando mi hanno parlato del servizio su quella e-zine… Era l’ultima cosa che mi aspettavo, davvero. E così… mi hai trovato così?”
“Più o meno, sì,” replicò l’altro. “Sono qui a Londra per un convegno sulle minoranze che si terrà dopodomani, così mi stavo informando su cosa stesse succedendo in zona, soprattutto nell’ambiente dei morfi. E quindi mi sono imbattuto in questa rivista che… parlava del vostro concerto. Avete fatto furore.”
“Che imbarazzo a leggere quelle pagine…” commentò Lillian, stringendosi il muso fra le mani. “Non ci potevo credere, stavano parlando di noi…”
“Stavano parlando di te, in particolare.”
La tasso scosse la testa. “Lo so, ma non mi piace avere il centro dell’attenzione, in questo caso. E’ un gruppo che comprende altre cinque persone, non ci sono solo io.”
“Sì, lo so, Lillian, ma la voce più peculiare sei tu, è normale che la gente parli più che altro di te.”
“Sto arrossendo, in questo momento. Vorrei renderti partecipe del mio imbarazzo, Chris.”
La lince ridacchiò. “Allora qualcosa della Lillian che conosco è rimasto.”
Finalmente, il cameriere portò il piatto di Lillian. “Dimmi di te, invece,” fece lei. “Vedo che su di te qualcosa si è aggiunto,” disse, indicando l’anello.
Chris sorrise. “Sei molto curiosa riguardo questo dettaglio.”
“Spero che tu stia scherzando. Voglio dire, Christian Harrington, il ragazzo dietro cui sbavava mezza scuola di morfi si è sposato! Devo sapere chi è la fortunata.”
“Fra quella metà di scuola c’eri anche tu,” le ricordò Chris.
“Lo so, ma ero in buona compagnia. Non divaghiamo, però. Raccontami tutto,” disse Lillian, affettando il suo pesce mentre mangiava con gli occhi la lince, curiosa come non mai. Si sentiva di nuovo ragazzina, di nuovo a pendere dalle labbra di Chris, non più per l’ammirazione adolescenziale nei confronti di un bel ragazzo qualsiasi ma per la curiosità di capire come fosse cambiata la vita di una persona a cui si era sentita molto vicina in gioventù. “E’ qualcosa di recente, direi, visto che non ti sento da tre anni.”
“Ci siamo sposati l’anno scorso,” disse Christian. “In Canada. L’ho conosciuta ad un meeting, lei lavorava per Amnesty International e… ed era una lince molto bella.”
“Quindi è una morfa anche lei.”
“Certo. C’è un motivo per cui non ho mai… dato molto peso alle cotte di voi ragazze della scuola, ai tempi: io volevo una come me, in tutto e per tutto, e per quanto poteste essere carine… be’, non c’erano linci, lì fra di noi.”
“Una bella favola, insomma.”
“Una bella realtà, direi. Ci siamo trasferiti da me quasi subito: non mi sono mai sentito così vicino ad una persona come nel suo caso. Abbiamo convissuto due anni, dopo i quali… lei mi ha chiesto di sposarmi. E io non ho potuto dire di no.”
“E’ stata lei a chiederlo?”
“Sì. Io avrei aspettato ancora, ma avevo comunque una mezza idea al riguardo.”
“Sempre con i piedi di piombo su tutto, eh?”
“Sempre, Lillian. E’ sempre la cosa più sensata,” disse, prendendo il portafogli ed estraendone una foto. “Ecco: questi siamo noi due,” disse, porgendola a Lillian.
La morfa la prese e la scrutò con occhio critico. Chris era in compagnia di una lince, poco più bassa di lui, con capelli scuri lunghi e mossi. Erano abbracciati e indossavano entrambi degli abiti molto pesanti. Sullo sfondo, delle montagne innevate. “Eravate in vacanza?”
“No, eravamo entrambe ad un convegno…”
“Ma oltre ai convegni fate altro nella vita? Tipo, non so, lavorare?”
Chris scoppiò a ridere. “E’ vero, me lo dicono tutti!” commentò, riprendendo la foto. “Ma è il mio lavoro, anche se sembra strano. Anzi, a proposito:  ascolta, Lillian, c’è una cosa molto importante che devo dirti,” fece, abbassando la voce.
“Sono tutt’orecchi.”
“Tu e il tuo gruppo avrete una certa visibilità, una certa notorietà, anche minima. E siete dei morfi. Ora, ho saputo da fonti interne alla mia associazione, che gli HRS intendono aprire il nuovo anno con qualcosa di grosso. Alcuni dicono si tratti di un comizio, altri di qualche evento tipo marcia, manifestazione, o cose su questo stile. Per la vostra sicurezza, sarebbe meglio mantenere un basso profilo…”
Lillian scosse la testa. “Mai.”
“Lillian, non fare la sciocca. Potrebbe essere pericoloso per voi.”
“Non mi interessa. Se gli altri vogliono farlo, che lo facciano, ma io, Lillian Edgecombe, non terrò la testa bassa per dar ragione a quel branco di squinternati.”
“Chiamarlo così è riduttivo…”
“E’ quel che sono, è quel che li voglio considerare, Chris,” rispose la morfa. “Non hanno diritto di farmi così paura solo perché non gli va bene la mia pelliccia. E sanno benissimo che, se fanno qualcosa contro di noi, contro chiunque, avranno creato un altro martire contro la loro causa. Esattamente come quella povera ragazza, Elizabeth, che è morta nella sparatoria al concerto di qualche mese fa. O Corey, il cantante del gruppo di quella sera; era un grande amico di un mio amico, Mills, non so se lo conosci, suonavano insieme ed erano lì entrambi. Be’, le loro tombe hanno visitatori ogni giorno, morfi e umani, e ci sono stata anche io. Credimi, non oseranno fare altre alzate d’ingegno di questo genere, o rischieranno più che la sola faccia.”
Stavolta fu Chris a scuotere la testa. “No, Lillian. Non è così semplice. Quando si parla di questo genere di farabutti, non bisogna pensare che ragionino con la logica delle persone sane: sono dei malati, e per di più sono pericolosi. Non pensare di essere invulnerabile solo per…”
“Non lo penso, Chris, non sono scema.”
“Ma se dici una cosa del genere rischi di convincertene, Lillian. L’ho già visto succedere più di una volta, credimi, E i risultati non sono affatto piacevoli. Dammi retta, tenete un basso profilo, almeno nei primi giorni dell’anno: sarà lì che faranno qualcosa.”
“Ma come fai a sapere queste cose?”
“Abbiamo qualche… infiltrato, per così dire,” disse Chris. “Sai com’è, dobbiamo tener d’occhio questo tipo di persone, no? In Canada fino a qualche anno fa era presente uno di questi gruppi, ma era composto per lo più da sbandati violenti. Ora sono tutti incriminati e ricercati, e non hanno vita facile, anche per le azioni della mia associazione,” spiegò, estraendo dalla tasca un biglietto da visita, che porse alla tasso.
Lillian lo prese, e lesse il nome del gruppo. “GADI - Gruppo Attivo per la Difesa dalle Intolleranze. Bel nome.”
“Grazie. Usiamo il gruppo… no, tienilo tu, nel caso ti servisse. C’è una sede anche qui a Londra, da qualche parte. Ti dicevo, usiamo il gruppo anche per attività non legate ai morfi: sai, omosessuali, minoranze etniche e religiose… Hanno tutti bisogno di una mano, in questo periodo orrendo.”
“Non so che dire, Chris… Insomma, non… non mi sento invulnerabile, così come non credo lo sia nessuno, ma… farsi spaventare da loro non ha senso. Non ho paura di loro, e continuerò a cantare come faccio già di mio. Ma grazie del consiglio: ne parlerò comunque con il gruppo, probabilmente troveremo una linea d’azione comune.”
Chris annuì. “Giusto. Parlane con loro. Non sarà un periodo facile, ma non dobbiamo dargli tregua.”
Lillian annuì, senza incrociare lo sguardo dell’amico. Non era convinta del suo modo di fare: in che modo nascondersi avrebbe potuto aiutarli? Era col terrore che volevano reprimerli: ma tutto in lei gridava contro questo tipo di atteggiamento, e avrebbe preferito mille volte farsi sparare o peggio, pur di non darla vinta agli HRS. 

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