domenica, maggio 08, 2011

Capitolo 27 – Lillian al suo primo appuntamento

Chiuse la porta di casa dietro di sé con troppa forza, facendola sbattere. L’aria esterna, piuttosto fresca, le fece pizzicare il naso, portando con sé una zaffata di smog dal traffico cittadino. Ma Lillian lo ignorò, vagamente cosciente di essere fuori dalla sua abitazione di Camden: l’idea che, di lì a poco, la macchina di Ivan sarebbe stata parcheggiata davanti a lei per portarla fuori al cinema e a cena, oscurava ogni altra considerazione.
A parte, ovviamente, il vuoto lasciato dentro di lei dalla morte di Chris, un buco da qualche parte nel suo cuore che risuonava sordo ad ogni battito. Quella era l’unica sensazione in grado di riportare Lillian sulla terraferma.
Lei, che non si era mai truccata, per l’occasione aveva persino osato aggiungere un timido filo di lucidalabbra sul labbro inferiore, l’unico veramente visibile. Indossava un maglioncino color prugna, dei pantaloni bianchi e un paio di ballerine scure, che, lo sapeva, le avrebbero fatto dolere i piedi per tutta la sera per il freddo; per ripararsi aveva con sé la sua mantellina nera. Era una tenuta quasi anonima, al di fuori dei suoi canoni, ma non voleva far vedere a Ivan quanto tenesse a quell’appuntamento: doveva sembrare tutto assolutamente nella norma, una cosa di tutti i giorni.
Una serata fra amici, non un ulteriore tentativo di colpirlo.
Quando vide una macchina imboccare la sua strada e mettere la freccia per parcheggiare, il suo cuore accelerò. Si fermò del tutto vedendo che si trattava del ragazzo, nella sua Mini. Si accostò alla portiera, mentre lui si chinava per aprirla.
“Buonasera,” la salutò.
“Anche a te, Ivan,” rispose lei, entrando. Si rasserenò, vedendo che lui indossava solo un paio di jeans, una camicia scura e una felpa grigia, senza pretese: aveva temuto per un attimo che sarebbe venuto con abiti di classe, raffinati, o che in qualche modo l’avrebbero fatta sfigurare, ma evidentemente anche per lui si trattava di una serata fra amici, la cosa più normale di questo mondo. “Già,” si disse. “Dopotutto, sono solo la sua insegnante di musica.”
“Pensierosa?” la distrasse Ivan.
“Eh? Uh, sì, stavo… facendo mente locale, non ero sicura di aver chiuso tutto in casa.”
“Vuoi che torniamo indietro?”
“No, assolutamente!” esclamò Lillian. “Non disturbarti.”
“Sei sicura? Guarda che ci metto un attimo…”
“No, davvero, grazie, non ce n’è bisogno.”
“Come preferisci.”
“Allora, che film abbiamo in programma, stasera?” gli chiese, per distogliere l’attenzione dal discorso principale.
“A dire la verità, ammetto che non ne ho la più pallida idea,” rispose lui, ridacchiando. “Quella del film era solo una scusa. Non so nemmeno cosa sia uscito, in questo periodo!”
Lillian lo fissò. “Come, scusa?”
“Volevo solo… farti distrarre un po’, ecco. Non siamo obbligati ad andare al cinema. Visto l’orario, per quello che mi riguarda possiamo anche andare direttamente al ristorante, sai?”
“Davvero?”
“Sì. E’ un problema?”
“Assolutamente… direi proprio di no,” rispose Lillian, lentamente. Non sapeva se la svolta che la serata aveva preso fosse stata positiva o meno, per le sue speranze.
“Bene. Anche perché lo avevo previsto e… ho già prenotato.”
Lillian sgranò gli occhi. “Lo… avevi previsto?”
“Lo speravo, più che altro. Avremmo avuto più tempo per chiacchierare, per goderci un po’ la serata insieme, sai. Penso che ti farebbe bene,” aggiunse, in fretta.
Lillian pensò che le stesse nascondendo qualcosa, ma decise che avrebbe indagato a suo tempo. Per ora, godersi la serata con Ivan era esattamente ciò che prevedeva il suo piano. “Sì, penso di sì. E dove si va, allora?”

“Mi devi raccontare tutto,” disse Claire. “Guai a te se ti permetti di tralasciare un dettaglio.”
Lillian era sdraiata supina sul suo letto, le scarpe lanciate in un angolo, la mantellina buttata sulla scrivania e il telefono agganciato al suo orecchio sinistro. La mente vagamente cosciente della voce dell’amica, mordicchiava un’asticella dei suoi occhiali.
“E’ stato stupendo.”
“Hai la voce di una quindicenne che ha appena baciato il tipo di cui è cotta.”
“A parte il bacio e l’età, sull’ultima parte hai totalmente ragione.”
“Come è andata?”
“Direi… molto, molto, molto bene. Non siamo andati al cinema…”
“Che macchina ha?”
“Oh, non so, una Mini,” rispose Lillian. “Non chiedermi modello e quelle cose lì, ero a malapena… sapevo a malapena che c’era un mondo oltre a quella macchina, quindi non sono stata a vedere quei dettagli. Era marrone e nera, però.”
“E perché non siete andati al cinema?”
“Perché… l’idea del cinema era solo una scusa scema per poter andare fuori un po’, a sua detta. Non gli interessava, voleva solo starsene fuori con me.”
“Tu non mi mentiresti mai, Lilly, vero?”
“Non su questo, Claire, non su questo,” replicò l’altra, fissando il soffitto.
La tigre emise un bizzarro verso, una via di mezzo fra un ruggito e un miagolio soddisfatto. “E’ fatta, Lilly!”
“Non lo so, Claire… voglio dire…”
“Finisci di raccontare. Dove siete andati?”
“Siamo andati in questo ristorante italiano di cui non sapevo neanche l’esistenza. E’ lontano dal centro, ho dovuto prendere biglietto da visita per ricordare nome e luogo o non mi sarebbero di sicuro rimasti in centro.”
“Avete mangiato bene, tu e il vagabondo?”
“Il vagabondo?” fece Lillian.
“Vi vedo bene, in effetti, come i due personaggi del cartone. Avete anche mangiato insieme l’ultimo spaghetto?”
“Ma di cosa stai parlando?”
“Di Lilly e il Vagabondo, scema!”
La tasso si diede una pacca sulla fronte. “E dai della scema a me, poi…” fece, mentre la tigre rideva a crepapelle, all’altro capo del telefono. “Dì la verità: da quanto tempo sognavi di dirmi qualcosa di simile?”
“Oh, una vita, Lillian, una vita! Ma, a parte le stronzate, come è stato?”
“Lui è un gentiluomo, Claire. Non me lo sarei mai aspettato: ha aperto la porta per farmi entrare, mi ha fatto sedere, ha ordinato per entrambi e avrebbe anche scelto il vino, se non lo avessi fermato spiegandogli che non lo bevo.”
“Un cavaliere in piena regola. Ha anche pagato?”
“Ovviamente.”
Cosa aspetti a sposartelo?
“Non lo so neanche io, in effetti.” Sospirò. “Forse che mi si chiariscano le idee sulla cosa… e che si chiariscano anche a lui.”
“Pensi che lui abbia capito…?”
“No, direi di no. Almeno, non dà segni di aver compreso, ma potrebbe semplicemente fare il finto tonto. In quel caso…”
“In quel caso,” l’interruppe la tigre. “Ci sono due possibilità: o non gli interessi, o ha anche lui delle mire nei tuoi confronti e aspetta solo il momento giusto.”
“Tu cosa consigli di fare?”
“Continua l’assedio,” rispose l’altra. “Stai andando alla grande, Lilly. Non fermarti, ora, ma non esagerare. Non devi sembrare disperata…”
“Ma io non sono disperata.”
“Io lo so, ma lui no: non sembrargli tale, fagliela solo annusare.”
“Claire!”
“E’ un modo di dire, tesoro. Voglio dire, fagli vedere che non dai troppo peso alla cosa. Fatti desiderare un po’, fallo impazzire e cuocilo a fuoco lento…”
“Si vede che sei una predatrice.”
“Be’, e i tassi non sono propriamente erbivori.”
“Siamo onnivori.”
“Ufficialmente siete carnivori, bella,” la corresse Claire. “Devi essere più aggressiva.”
“Siamo carnivori moderati.”
“Da retta a me, per favore.”
“Va bene, Claire.”
“E poi?” chiese l’altra, tornando sull’argomento che più le premeva, da buona curiosa. “Cosa avete fatto?”
“Nessuna follia, Claire, nessuna cosa… pazza e folle, come quelle che possono venire in mente a te. Abbiamo mangiato, abbiamo chiacchierato molto, ho scoperto che l’anno prossimo quasi sicuramente entrerà nella Marina Reale, che suo padre è orgoglioso della cosa ma non sua madre, che continua ad allenarsi al piano e tante altre chiacchiere. Poi ha pagato e siamo usciti. Una passeggiata su Trafalgar Square e poi a casa.”
“Speravo in qualcosa di più,” ammise l’altra.
“Claire, non è neanche un appuntamento… cosa avrei dovuto fare?”
“Te lo concedo, ma al prossimo pretendo un bacio.”
“Non posso assicurarti nulla, impicciona. Ma ci proverò, te lo assicuro.”
“Brava. Fagli anche vedere i disegni che ti fanno gli artisti con cui posi.”
“Ma sono dei nudi!”
“Appunto!”
“Scordatelo,” le rispose Lillian.
“A proposito, ma continui?”
“A posare? Poco, ho meno tempo di prima. Anche Fran dovrebbe aver quasi smesso.”
“E’ un peccato. Soprattutto per te, avresti un’arma formidabile per abbattere definitivamente Ivan.”
“Come, facendogli vedere i miei rotoletti disegnati da un emerito sconosciuto? Non mi sembra il modo migliore per farlo, se permetti…”
“Io lo farei, fossi in te,” suggerì l’altra, ignorando la protesta dell’amica. “Dammi retta.”
“Prenderò nota, generale,” replicò Lillian. “Ora, però, ammetto di sentirmi un po’ stanca. E’ stata una giornata emotivamente molto piena, direi. La tua curiosità è stata soddisfatta?”
“Non del tutto, ma per ora mi accontento. A patto che ci si riveda una sera tutti insieme per brindare alla cosa.”
“Solito posto?”
“Ma è ovvio.”
“Contaci. Vedrò di organizzare la serata quanto prima.”
“Brava Lilly. Sono fiera di te, davvero, e molto contenta,” aggiunse Claire. “Spero che la cosa vada in porto.”
“Grazie, Claire. Ammetto che non dispiacerebbe anche a me,” disse Lillian, prima che uno sbadiglio le spalancasse la bocca. “Uau. Che sonno.”
“Vai a letto, ora, e sogna il tuo principe azzurro.”
“Smettila.”
“Buonanotte, Lillian.”

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