lunedì, maggio 30, 2011

Capitolo 29 – Lillian raduna il gruppo

“Ciao Lilly, sono Ivan,” disse il ragazzo al telefono.
“Uh, ciao Ivan!”
“Senti, sei… come mai non sei ancora andata a fare la deposizione?” chiese l’altro.
“Come… no, ci sono andata ieri. Perché?”
“Ci sei andata?” fece Ivan.
“Sì, ci sono andata ieri mattina.”
“Avevamo detto che ti avrei accompagnato,” disse il ragazzo, in tono piccato. Offeso, quasi.
“Mi spiace, Ivan, non me lo ricordavo.”
“E’ per te, Lillian, te l’ho già detto. Non mi sento sicuro a… sapere che sei andata lì e hai fatto una deposizione da sola.”
“Ivan, grazie, ma credo di saperlo fare. Non è stato difficile.”
“E’ per la tua sicurezza, non per le tue capacità,” replicò l’altro. “So che non sei una sprovveduta.”
“Ci stiamo preoccupando un po’ troppo per Lillian Edgecombe,” soggiunse la morfa, sorridendo. “O sbaglio?”
“Preoccuparmi? Be’, direi di sì, dopotutto, sapendo con chi abbiamo a che fare… non dirmi che c’è qualcosa di sbagliato in tutto questo,” rispose Ivan.
Lillian fece una smorfia. Sperava in una risposta diversa. “No, certo… E’ solo che trovo la cosa buffa. E’ la prima volta che qualcuno si “preoccupa” per me così tanto, al di là dei miei genitori…”
“Be’, il tuo ragazzo, magari…”
“Il mio ragazzo? Ivan, ciao, mi presento, sono Lillian Edgecombe, la tua insegnante di musica. Ti ricordi di me?”
Dall’altro capo, il giovane rise. “Sì, è che… scusa, non ricordavo che fossi single. O forse non me lo hai mai detto.”
“No, è vero, non credo di avertelo mai detto,” fece Lillian. “Ora lo sai: sono single.” Avrebbe voluto aggiungere qualcosa come “ti servono altri segnali o hai bisogno di una richiesta formale?,” ma si contenne.

“D’accordo, Randolph,” fece Lillian, le braccia conserte sul petto. “Abbiamo preso una decisione.”
Il gruppo era riunito al gran completo, come al loro solito nella rimessa di Nicholas. Erano seduti di fronte a Randolph, come una giuria davanti a un imputato da giudicare. Randolph sorrideva.
“Suoneremo nel tuo locale,” proseguì Corinne.
“Ma è fant…”
“Ma,” l’interruppe Lillian. “A una condizione.”
“Posso darvi il venti per cento. Anche il trenta, se…”
“No, non si tratta di condizioni economiche,” fece la morfa, con un cenno di diniego. Randolph aggrottò le sopracciglia.
“Una volta al mese, a fine mese, tutti i mesi,” disse la licaone. “Faremo quattro prove prima di ogni concerto e se non saremo sicuri la data verrà rimandata al mese successivo.”
Il ragazzo sgranò gli occhi. “Ma… ma gli altri concerti sono sempre stati da paura, ragazzi… non credo che possiate sbagliare qualcosa…”
“Randolph,” fece Lillian. “Sei un tesoro, davvero. E ti ringraziamo per la possibilità che ci dai. Ma non è facile mettere insieme uno spettacolo diverso ogni mese. Ci è andata bene fino ad ora, ma chi può dire quanto durerà?”
“Dobbiamo provare il più possibile,” aggiunse Mills. “Non è che non vogliamo suonare da te, anzi. Ma non vogliamo… fare sciocchezze.”
“Ovviamente in caso di problemi sarai avvertito tempestivamente,” aggiunse Yvonne. “Così potrai… be’, gestire la cosa con comodo. O qualsiasi altra cosa tu faccia in questi casi.”
Randolph fissò per qualche istante il pavimento, quindi passò il suo sguardo su tutti i morfi, fermandosi alla fine su Lillian e Mills, seduti l’uno vicino all’altro. “E va bene, ragazzi. Avete vinto. Ma promettetemi che farete di tutto per suonare.”
“Oh, questo era fuori di dubbio,” fece Corinne. “Noi ce la metteremo tutta, è ovvio.”
“Bene,” concluse l’altro. “Abbiamo un accordo, allora?”
“Abbiamo un accordo,” confermò Lillian. Si alzò e si avvicinò a Randolph, lo prese per un braccio e iniziò a tirarlo verso l’uscita. “E ora, caro mio, fuori di qui: dobbiamo iniziare a provare.”
“Ma… non posso rimanere a vedere? Sono curioso…”
“Ah-ah. La sposa non si vede prima del matrimonio,” fece Lillian, accompagnandolo fin fuori della porta. “Quindi temo che dovrai aspettare.”
Randolph rise. “E va bene. Certo che vi fate veramente…”
“…desiderare? Randolph, con un gruppo formato da quattro donne e due soli uomini avresti dovuto aspettartelo. Grazie per l’offerta, comunque. Davvero, grazie di cuore.”
“Ehi, Lilly, non devi ringraziarmi. Ognuno dà una mano all’altro: io vi faccio conoscere e voi mi aiutate a mandare avanti il locale nel modo in cui più voglio io. Ora vado, non voglio portarvi via troppo tempo. Allora ci vediamo a fine Febbraio: quattro prove, me le avete promesse!”
“Faremo il possibile perché tu le abbia.”
La tasso salutò il ragazzo, quindi si voltò e chiuse la porta alle sue spalle. “Ce l’abbiamo fatta. Ce l’abbiamo fatta.”
“Mettiamoci al lavoro, allora,” rispose Mills, con un gran sorriso.
“Giusto,” fece la tasso, avvicinandosi al resto del gruppo. “Dunque, credo che… Yvonne abbia qualcosa da dire al riguardo.”
La gazzella si schiarì la gola. “Sì, ecco… insomma, stavo pensando, un paio di giorni fa, che… il nostro concerto, i nostri ultimi due concerti, diciamo, sono stati molto belli. Molto divertenti. Videophone, Psycho Circus, Kiss… tutto molto divertente, mi è piaciuto vederli e parteciparvi, ma… non ho sentito molta vicinanza al nostro mondo. E non è invece proprio quello che volevamo fare? Parlare di noi morfi, dire e far capire chi siamo? Non mi è sembrato che ci siamo riusciti così… così… a fondo. Possiamo fare di più,” concluse.
“Ne ha parlato con me al telefono ieri,” fece Lillian. “Ma so che ha parlato anche con Milla della cosa, e tutte e due siamo state concordi con lei.” La morfa si sedette. “Possiamo fare di più, ragazzi. Possiamo scegliere delle canzoni che siano più incisive, più presenti, più nostre. Più morfe.”
“A me il modo di proporre le canzoni che abbiamo usato piaceva,” si oppose Nicholas. “Dopotutto è uno spettacolo, ragazzi, non facciamo politica.”
“Sì, è vero,” replicò Mills. “Ma non è questione di fare politica, quanto di essere semplicemente… fedeli a quello che era il nostro piano originale. Io sono d’accordo con le ragazze: dobbiamo scegliere canzoni diverse e spingere su quei tasti. Ormai un po’ di presa sul pubblico l’abbiamo fatta, abbiamo un nostro stile personale… perché non fare quel passo in più?”
Lillian scrutò Mills mentre questo parlava. Si sentì orgogliosa di lui, della grinta che era tornato a tirar fuori e della voglia di suonare e di vivere che stava mostrando di nuovo. Si convinse sempre più che quel gruppo facesse bene a entrambi. “Ecco perché vi ho chiesto di portare con voi, questa volta, una vostra playlist personale che comprendesse ciò che più rende l’idea del nostro mondo, per come lo vedete voi. Le sentiremo insieme e insieme ne sceglieremo alcune per il prossimo concerto. Una decina, non è necessario fare di più, almeno per ora.”
“E se ne scegliamo di più potremmo tenerle per il concerto successivo,” propose Corinne. “Giusto?”
“Obiezione accolta,” fece Lillian. “Da me, almeno. Voi che ne dite?”
Tutti furono d’accordo con l’idea della licaone. Corinne fu invitata per prima a proporre la sua lista. Inserì il suo CD nello stereo e fece partire la sua lista. “Io ho poche canzoni, solo quattro, ma sono cose su cui ho riflettuto un po’ nell’ultimo periodo. La prima, che sta suonando adesso è What if God was one of us. Ci pensate? Sarebbe un bel colpo poterla suonare, dire a tutti “ehi, e se Dio fosse un morfo?” Non sarebbe una bella…”
“Un po’ azzardata come cosa,” rispose Mills. “Cioè, non fraintendermi, Corinne, ma non possiamo mettere una cosa del genere in un concerto: finiremo con ritrovarci contro delle masse di fondamentalisti che non vorrebbero altro che la nostra pelliccia. Già dobbiamo litigare tutti i giorni con gli HRS, non voglio dare ad altri svitati la possibilità di metterci nei casini.”
“Ma i Rolling Stones possono scrivere Sympathy for the devil, perché noi…”
“Perché non siamo i Rolling Stones,” le rispose Mills.
“Ma potremmo essere famosi come loro, un giorno,” disse Lillian. Lui le rivolse uno sguardo perplesso, il sopracciglio alzato. Lei si strinse nelle spalle. “Questo gruppo è un sogno, quindi perché non sognare in grande? Sognare sul serio? Non sappiamo come andrà a finire, quindi perché non sperare di arrivare in alto, se pensiamo di meritarcelo? A me l’idea di Corinne non dispiace per niente, ma Mills ha ragione, purtroppo. Però penso sia giusto segnare la sua proposta: possiamo pur sempre tirarla fuori quando servirà, e spero possa servire il prima possibile. Voi che ne dite, ragazzi?” chiese, sentendosi lo sguardo di Corinne addosso, pieno di speranza. Gli altri accolsero l’idea di tenere conto della canzone, e la tasso la scrisse sul foglio che si era preparata, aggiungendovi un asterisco vicino. “Sotto con le prossime, Corinne.”
All of the Lights. “So che è una cosa da comunità nera, con i tipici problemi un po’ da… storie di quel mondo lì,” fece Corinne. “Ma se abbiamo rigirato Videophone e Kiss al femminile possiamo rigirare anche questa per i morfi.” La proposta venne accettata.
My body is a Cage. “Ho sentito questa versione fatta da Peter Gabriel, che io a-do-ro, e ho pensato che non è così lontana da noi morfi: in fondo, pensate a quante volte si è sentito di casi di passioni interspecie?” Lillian ebbe un sussulto, all’idea. “E lì il corpo è una gabbia che ti tiene lontano da chi ami, o no?” Milla annuì. Anche in questo caso, l’idea venne accolta.
One Vision. “E’ strano, in origine non avrei mai pensato di usare questa canzone per parlare dei morfi, ma poi ci ho ragionato su. Non è quello che vogliamo tutti? Una comunità unita, una visione unica, un mondo in cui tutti noi morfi e umani possiamo vivere assieme come una cosa sola. Sarebbe una ottima idea da proporre per un concerto, penso.”
“Dove devo firmare?” fece Mills.
Lillian trascrisse il titolo sul suo foglio. “E siamo a quattro. Chi vuole essere il prossimo?”
Si alzò Nicholas. “Io ne ho una sola. Non è che non mi sia sforzato, è solo che le cose che ascolto non le vedrei bene in uno dei nostri concerti, diciamo. Però, l’altro giorno, ho ritrovato questo album degli Stratovarius che ha una canzone che mi sembrava particolarmente utile, adatta,” spiegò, collegando il suo lettore mp3 portatile e avviando la canzone, Higher We Go. “Non c’entra molto, non è su tematiche importanti, belle e tutto il resto, ma parla dello stare uniti e del raggiungere la vetta, uscendo dai problemi peggiori. Be’, io mi auguro che possa accadere per noi morfi, un giorno, il prima possibile.” Se si fosse potuta escludere la canzone dal mondo, isolando solo tutti gli altri rumori provenienti da quella rimessa, si sarebbero potute sentire le rotelle nei crani dei cinque morfi girare, girare, girare, ponderando sulla possibilità di suonare quel brano in uno dei successivi concerti. Quando tutti compresero di trovarsi d’accordo, la tasso l’aggiunse alla lista. “Il prossimo?” disse.
Si alzò Mills. “Meglio che faccia sentire le mie, prima che tentiate di rubarmi i brani. Già uno me lo ha preso Corinne…”
“Cosa ti ho rubato?” fece l’altra, la fronte aggrottata.
“Sto scherzando, Corinne. Dico solo che hai proposto una canzone che avrei voluto proporre io, tutto qua,” fece il cane, inserendo il suo disco nel lettore. “Ecco le mie tre proposte. Poche, lo so, ma è già qualcosa.”
When Two Worlds Collide. “Dall’album più noioso degli Iron Maiden?” chiese Nicholas.
“Be’, sì. Sì, è noioso,” convenne Mills. “Ma ha alcuni spunti interessanti, come appunto questa canzone. Due mondi che si scontrano: non è perfetto per parlare del rapporto fra noi e gli umani?”
“Mi sembra… un po’ troppo… come dire… negativa?” fece Lillian. “Non ne esce un bel riquadro: si parla del dolore di quelli che sopravvivono…”
“Vedila così: questo è ciò che potrebbe succedere se nessuno intervenisse per farci integrare. Chiamalo uno worst case scenario, insomma.”
Lillian mordicchiò la penna, incerta. “Non saprei. Voi che dite?”
“A me l’idea piace,” disse Corinne.
Milla annuì. “Anche a me.”
“Non sono convinta al cento per cento,” fece invece Yvonne. “Ma la inserirei lo stesso, magari con riserva, come per la canzone di Corinne.”
“Sono d’accordo,” disse Nicholas. “Per me la si può inserire con riserva: così magari abbiamo più tempo per ragionarci e non perdiamo un input buono.”
“Mh-mh. Va bene, allora,” concluse Lillian. “Inserita con riserva,” disse, scrivendo il titolo sul foglio e ponendovi un asterisco vicino.
Hammer to Fall. “Perché non possiamo aspettare che qualcuno faccia le cose per noi…” iniziò Mills.
“Praticamente li incitiamo alla rivolta armata,” l’interruppe Lillian.
“Oggi sei negativa, Lilly. Hai già stroncato tre canzoni,” commentò Corinne.
“Può darsi, Corinne, ma il fatto è che non voglio… non voglio casini. Vorrei che il concerto filasse liscio, facesse riflettere ma che non ne emergesse qualche… problema. E questa canzone, alla fine…”
“Lilly,” fece Mills. “Il significato di certe canzoni può essere re-interpretato come si vuole. Non siamo obbligati a leggere Hammer to Fall come ad un modo per… incitare alla rivolta, ma possiamo vederci anche un modo per dire a chi ci ascolta “ehi, non aspettate che siano gli altri a cambiare il mondo: fatelo voi per primi.” E’ questo per me il messaggio che conta: non aspettare che cada il martello, muoviti tu.”
“Mills, sei riuscito a convincermi,” fece Lillian.
“Mai pensato di buttarti in politica?” commentò Corinne.
“No, ma potrei farlo.”
Don’t Stop me Now. “Be’, ho pensato: al diavolo, va bene essere seri e tutto quanto, ma siamo qui anche per divertirci, no?”
“Per me è go,” disse Corinne.
Tutti convennero.  “Bene, allora la aggiungiamo, direi. Siamo a cinque canzoni certe, più due con riserva. Direi che siamo a buon punto. Vi dispiace se ora… vi dico le mie?”
“No di certo, Lilly,” fece Nicholas, indicandole lo stereo. “Non mi pare che ci si formalizzi per l’ordine, voglio dire, no?”
“Giusto,” assentì lei, inserendo il suo album.
Hurricane. “Ho… bisogno di questa canzone. Non è una canzone d’amore, non nel… senso comune del termine, diciamo. Non ci vedo una storia turbolenta che sta per finire, ci vedo… persone che sono disposte a calpestare gli altri pur di aver ragione. Disposte a uccidere. E un mio amico… be’, è stato ucciso. Ho bisogno di questa canzone, ho bisogno di dedicargliela…”
Mills la scrisse sul foglio prima ancora che gli altri potessero replicare. “Concordo appieno,” disse. “ La voglio anche io.”
Lei gli sorrise. “Grazie, Mills.”
We Are Golden. “Lo so che Mika è molto camp, e so anche che questa canzone parla del mondo dei giovani e non dei morfi, ma… voglio dire, se possiamo rigirare Hammer to Fall, perché non farlo con questa?”
“Touché,” fece Mills.
“Per me va,” disse Milla.
I Feel Loved. “Questa per… un ringraziamento a tutti quanti, sia al gruppo nel suo complesso sia ai nostri spettatori, per l’amore che ci danno e per il supporto che ognuno di noi può dare all’altro. Perché sentirsi amati è il passo fondamentale per poi potersi amare, e questo se lo meriterebbero tutti. E poi perché so quanto piacciono i Depeche Mode a Milla, e mi sembrava giusto farle questo piccolo regalo.”
“Ma Lilly…”
“Oh, non incominciare a protestare, codalunga,” le fece Corinne. “Anche io penso che sia un ottimo regalo.”
“Queste erano le mie proposte, ragazzi,” concluse Lillian.
“E ne abbiamo aggiunte così altre tre. Fanno otto in tutto,” contò Mills. “Dieci se contiamo le riserve. Siamo sulla strada giusta, direi. Quante altre canzoni avete in mente, ragazzi?” chiese, mentre Lillian tornava a sedersi accanto a lui.
“Io ne ho una sola,” fece Yvonne.
“E io un paio,” replicò Milla.
“Quindi se le accettiamo tutte arriviamo a undici. Non male, per me c’è un concerto intero più una base per il prossimo. Voi che dite?”
“Sentiamo prima le loro proposte,” fece Nicholas. “Sono curioso!”
Yvonne si fece avanti, collegando il suo piccolo lettore portatile all’impianto. “Io ho solo una canzone per noi,” disse, facendo partire Locked Within the Crystal Ball. “Non vado pazza per i Blackmore’s Night, ma questa canzone mi è sempre piaciuta,” disse.
“Forse non lo sai, ma questa è anche una delle canzoni preferite di Corinne,” disse Mills.
“Vero,” rispose lei. “E’ quella con cui ho fatto i provini! Mamma mia, mi ricordo quanto ero emozionata, ragazzi… Se solo avessi saputo… Ma come mai la vuoi proporre?”
“Perché… be’, crea molta atmosfera. Ed è… non so come dire… luminosa, diciamo. La posso vedere bene, non so, magari verso la metà del concerto, dopo qualche altro brano più importante… per risollevare un po’ gli animi e rilassare, ecco.”
Lillian annuì. “Ci può stare. Gruppo?”
“Accolta,” fu la parola più utilizzata.
“Milla, rimani solo tu, a questo punto.”
La scoiattolo si alzò, facendo partire la sua playlist. “Premetto che Lillian mi ha rubato I Feel Loved. E’ colpa sua se ne ho solo altre due, non guardatemi male.”
Time of the Turning/The Weaver’s Reel. “Anche io vado pazza per Peter Gabriel. Quando ho iniziato ad ascoltare questo album, ha fatto scattare qualcosa dentro di me, e in particolare questa canzone. E’ il momento di cambiare le cose, no? E’ il momento di segnare il passo, di gettare via il passato, ed è una cosa che umani e morfi devono fare insieme. Ed è quello che vorrei dire io con questo brano…”
“Milla, è bellissimo, ma… è quasi solo strumentale,” obiettò Lillian. “Sì, siamo un gruppo molto forte sul piano strumentale, e penso che potremmo fare fuoco e fiamme, ma… io e Corinne che faremmo, a parte quei pochi versi cantati?”
“Qualcosa ci inventeremo, Lilly, fidati di me,” le replicò Corinne, con un gran sorriso. “Anzi, sono proprio curiosa di vedere e vivere questa cosa qui sul palco.”
“Mi fido di te, Corinne. Approvata.”
Heroes. “Questa è una canzone di cui esistono… mah, credo mille versioni diverse, ma non è questo che conta. E’ un modo per dire che dobbiamo rimanere tutti uniti di fronte a un periodo buio, che possiamo farcela e alla fine… vinceremo.”
“Ho l’impressione, se posso dirlo,” fece Nicholas. “Che ci stiamo focalizzando forse un po’ troppo sulla questione dello “stare uniti,” che “ce la faremo” e quant’altro… ma sono solo io, o pensate anche voi che questo tipo di idee possano farci passare per… paranoidi rivoluzionari? No, perché se mi dite che…”
“Non è una questione di paranoia, Nicholas,” gli fece Mills. “Noi non stiamo attraversando un gran bel periodo. Hanno ucciso l’amico di Lillian pochi giorni fa, e ci sono tutti i motivi per pensare che siano stati gli HRS; dall’inizio dell’anno ci sono state già cinque o sei altre aggressioni a morfi in pieno giorno, e sto parlando solo di Londra, ma è una cosa che sta succedendo dovunque in Inghilterra. Nicholas, io ho l’impressione che questa gente ci stia veramente dichiarando guerra.”
La tasso annuì, e con lei le altre tre morfe. “Mills ha ragione, purtroppo. Noi dobbiamo combattere, Nicholas, o ci lasceranno… sul campo, come tutti, e ci calpesteranno.”
“Andiamo, ragazzi… ok, avete ragione sulla questione delle aggressioni e tutto il resto, ma noi non siamo soldati. Non siamo rivoluzionari. Siamo solo sei ragazzi di Londra a cui piace suonare. Non avete mai il timore di stare esagerando con questa faccenda? Non siamo importanti…”
“Ognuno è importante per quanto può fare,” gli ribatté Milla, incrociando le braccia. “Non conta se sei solo un corista disperso nel… culo delle highlands o se sei George Michael, ma solo quello che vuoi e puoi fare. D’accordo, noi possiamo materialmente fare poco, Nico, ma pensa a tutti quelli che ci verranno a vedere, a sentire: quando usciranno da quel concerto sapranno qualcosa in più sui morfi, se sono umani, e si sentiranno un po’ più forti di se stessi se sono morfi, e magari il giorno dopo cambieranno qualcosa nella loro vita in senso positivo. Tu butteresti via davvero questa possibilità per… che cosa? Per il timore di esagerare nei toni? Non essere ridicolo, Nico.”
“Non avrei potuto dirlo meglio,” le fece eco Lillian. “Brava Milla. Nicholas, che ne pensi? Hai comunque l’ultima parola.”
“Be’, se la mettete così,” fece il ratto, alzando le mani in segno di resa. “Direi che per me va bene.”
“Ottimo,” concluse Lillian. Scrisse il titolo della canzone e sollevò il foglio per leggerlo meglio, mentre sentiva Milla dire, a voce bassa: “E poi io e te facciamo i conti in privato, disfattista.” “Ragazzi,” disse la tasso. “Dodici brani, più due con riserva. Abbiamo il nostro prossimo concerto, più l’inizio del successivo. Siamo in ballo.”

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