mercoledì, agosto 17, 2011

Capitolo 51 – Lillian e il gruppo si prendono una pausa


Mentre l’applauso del pubblico si affievoliva, Lillian si passò una mano fra i capelli, che aveva lasciato liberi e selvaggi per l’ultimo concerto prima della pausa estiva. Sospirò, stanca per l’esibizione, più lunga delle precedenti, ormai giunta al termine.
“E’ stata una bella cavalcata, ragazzi,” disse al microfono. “E’ stato eccitante e divertente, una avventura fantastica e siamo tutti stati estremamente felici di averla potuta vivere assieme a voi.”
“Ma ora,” disse Corinne. “E’ estate, ed è il momento delle vacanze. Vacanze anche per noi.”
“Vero, Corinne. I London Morph Sextet si prendono una pausa di riflessione,” annunciò Lillian. “Ma non vi preoccupate: a Settembre saremo di nuovo insieme.”
“Solo un mese, ragazzi, solo un mese. Ehi, ce lo meritiamo anche noi un po’ di riposo, no?”
“Ma ci dispiacerebbe salutarvi in questo modo. Ci siamo conosciuti cantando, e crediamo che la musica sia anche il modo migliore per dirci “arrivederci.” E c’è una canzone… perfetta, al riguardo,” disse la tasso. Si tolse gli occhiali che Ivan le aveva regalato, inforcando quelli rotondi. Batté le palpebre e sorrise.

Summertime, time, time
Child, your living's easy
Fish are jumping out
And the cotton’s high
Cotton's high, Lord so high.
Lillian, allo specchio, provava l’abito che Ivan le aveva regalato per il compleanno. Non una piega, non una grinza, non un punto in cui lo sentisse troppo stretto o troppo largo. La scollatura arrivava appena al di sotto dell’attaccatura del seno, dove la pelliccia era più scura, e le spalline sottili si incontravano dietro il collo lasciandole scoperte le spalle.
Era perfetto.
Your dad's rich
And your ma is so good-looking, baby
She's looking good now
Hush, baby, baby, baby, baby now
No, no, no, no, no, no, no
Don't you cry
Don't you cry
“Ok, sono tutti a nanna,” disse Geena, chiudendo la porta del signor Paltrow. “Ho voglia di una sigaretta. Mi accompagni?” chiese a Lillian.
“Certo.”
All’esterno, l’aria della notte era gelida. Lillian si strinse nel suo camice, chiedendosi come facesse la labrador a sopportarlo. Penso che dovesse essere la sua pelliccia, più folta di quella della tasso. “Da quanto sei sposata?” chiese Lillian, osservando l’anello al dito dell’infermiera.
“Otto anni,” rispose. “Sempre con la stessa persona.”
Lillian sorrise. “Immagino che tu stia bene con lui.”
“Assolutamente,” rispose Geena, soffiando fuori del fumo. “La acida di casa sono io, dopotutto. Lui è un santo a stare con me, credimi.”
Lillian ridacchiò. “Non sei acida.”
“Non negare l’evidenza, Lillian. Un giorno mi hanno persino detto che se avessi potuto avrei sciolto le pareti di questo posto con uno sguardo. Non che non si possa, per come è costruito…”
“No, fidati. Tu non sei acida. Sei solo un po’ troppo cinica.”
“Un po’ troppo…” commentò l’altra, giocherellando con la sigaretta.
“Avete figli?”
“No. Purtroppo no. Abbiamo provato per tre anni ogni cosa possibile, ma poi abbiamo scoperto che la qui presente è sterile come un mattone.”
“Mi dispiace…”
“Anche a noi dispiace. Ma ce ne siamo fatti una ragione. Non ha senso combattere contro i mulini a vento, no? Ce la godiamo come possiamo.” Geena spense la sigaretta. “Ed è comunque bello sapere che, a fine giornata, a casa hai qualcuno che ti aspetta o che puoi aspettare.”
Lillian sorrise. “Già.”
“Stai morendo di freddo.”
“Sì.”
“Entriamo, allora.”
L’infermiera l’accompagnò all’interno e la invitò a sedersi con lei sui divanetti nel corridoio.
“Lui è… un umano o un morfo?” chiese Lillian.
“Morfo, che domande. Un labrador di prima qualità. Anche lui della nostra generazione.” Sospirò. “Ho visto alcune coppie miste, in questi ultimi anni. In giro. Non so, non… mi fanno pensare che non sia una roba naturale. Una cosa normale.” La guardò negli occhi. “Da quello sguardo vedo che per te non è così.”
“Be’…”
“Lasciami indovinare: lui è un umano.”
“Sì,” ammise Lillian.
“E immagino anche che abbia fatto lui il primo passo.”
“Come l’hai capito?”
“Perché so che in genere succede così. L’ho visto spesso. E ho visto anche che spesso queste storie non finiscono bene, lasciano una bella scia di cuori infranti e di lacrime.”
“Non…”
“Non voglio fare la menagramo,” disse subito Geena. “Forse sono solo acida, forse è solo una sana dose di cinismo, ma io non mi fiderei di lui. Gli umani che cercano morfe sono quasi sempre strani. Esistono dei rari esempi di persone per bene, non lo nego e ti auguro che il tuo sia uno di questi, ma ho visto troppe amiche essere prese e lasciate come bamboline. Stai in guardia, Lillian.”
“Lilly? Ho bisogno di te!” le aveva detto Mills, al telefono, tre giorni prima.
“Che succede, Mills?”
“Ero qui al pub con due amici, quando è arrivata Corinne,” spiegò il cane, in fretta. “E’ ubriaca fradicia, sta piangendo a dirotto, dice che vuole parlare con te, ma che non se la sente, che ha bisogno di qualcuno, che siamo tutti degli stronzi… straparla, insomma. Non riesco a calmarla da solo. Potresti venire qui, per favore?”
“Uh…” La morfa guardò l’orologio: avrebbe fatto ritardo per l’appuntamento con Ivan. Ma non se la sentiva di lasciare Mills nei guai. “Dammi dieci minuti e sono da te, va bene?”
“Sei un tesoro, Lilly,” disse, prima di chiudere la comunicazione.
Lillian sospirò, quindi chiamò Ivan, informandolo del fatto che avrebbe tardato di una mezz’ora.
La tasso conosceva bene il pub presso cui si era recato il cane, quindi impiegò poco tempo a raggiungere l’edificio. Entrando, cercò con gli occhi i due.
Li trovò seduti insieme ad un tavolo. Ma prima che potesse fare alcunché, Corinne afferrò la testa di Mills e gli schioccò un gran bacio sulle labbra. Lillian sentì chiaramente qualcosa andare in frantumi dentro di lei, mentre un’ira fredda, malsana, le avviluppava il cuore. Chiuse gli occhi, contò fino a cinque. Quindi li riaprì e corse dai due.
Mills stava di nuovo parlando con Corinne, che ora sembrava più calma. In compenso, il cane sembrava sconvolto. “Oh, Lilly, sei qui!” fece la licaone, trascinando le parole.
“Sì, sono qui,” fece lei, secca.
“Pensavo di portarla fuori di qui,” disse Mills. “Si è un po’ calmata.”
“Sì, penso anche io che sia una buona idea. Corinne, vuoi venire con me?”
“Oh, Lilly, sì, per favore, andiamo dove vuoi tu…”
“Ti porto a casa mia, abito qua dietro.”
“No, aspetta, posso portarla io a casa sua…” fece Mills. L’occhiata di Lillian gli fece morire le parole in gola.
“No, Mills, lascia che ci pensi io. Hai fatto fin troppo.”

One of these mornings
You're gonna rise, rise up singing
You're gonna spread your wings, child
And take, take to the sky
Lord, the sky
Lillian non riusciva a capire perché la scena fra Mills e Corinne la riempisse così tanto di rancore verso la licaone. In fondo, non era fidanzata con Mills, quindi… perché avrebbe dovuto essere gelosa? Ancor più perché lei era ubriaca: probabilmente non era neanche del tutto responsabile delle sue azioni, a giudicare anche da come aveva reagito quando l’aveva accompagnata in casa.
Ma allora perché non riusciva a scacciare quell’immagine dalla testa? Perché non riusciva a rimanere calma quando ci pensava?
Until that morning
Honey, nothing's going to harm ya
No, no, no no, no no, no
Don't you cry
Don't
Dopo la doccia, Lillian tornò in camera di Ivan, avvolta nel suo accappatoio blu notte.
“Lilly,” le chiese il ragazzo, sdraiato sul letto. “Volevo… posso chiederti una cosa?”
“Quello che vuoi, tesoro.”
“Mi hai sempre fatto vedere tutto di te, mi hai sempre parlato di ogni cosa e mi hai reso… partecipe di ogni tua… ogni tuo interesse, ogni minima parte della tua vita.”
“Sono stata troppo invadente?”
“No, assolutamente!” si affrettò a correggerla il ragazzo. “E’ bello. C’è solo una cosa che non mi hai mai fatto vedere.”
“Cosa?”
“Te stessa.”
Il cuore di Lillian accelerò. “Cosa… vuoi dire?”
“Mi hai fatto vedere i disegni in cui hai posato nuda, Lilly, ma non ti sei mai mostrata a me. Perché?”
“Io…” La tasso ridacchiò. “Sono… mi imbarazza.”
“E perché dovresti? Ci amiamo, non dovresti sentirti in imbarazzo con me,” disse Ivan, sedendosi sul bordo del letto.
“Sì, ma… io sono una morfa.”
“Lo so bene. Ma non mi sembra che questo sia un problema, per me.”
“Sì, ma… Va bene.”
“Non sei costretta, volevo solo sapere per…”
“No, hai ragione. Sono stata una sciocca,” replicò la tasso, slacciandosi l’accappatoio ma continuando a tenerlo stretto sul corpo con le braccia. “In fondo, che male c’è? Tu mi ami. Anche se sono una morfa. Non c’è nulla di sbagliato.” Lillian lasciò cadere in terra l’accappatoio, in piedi di fronte a Ivan. “Eccomi.”

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