mercoledì, agosto 17, 2011

Epilogo



Did you think that your feet had been bound
By what gravity brings to the ground?
Did you feel you were tricked
By the future you picked?
Well come on down            
All these rules don’t apply
When you’re high in the sky
So come on down         
Come on down
Di nuovo sull’autobus, lungo Oxford Street, di nuovo diretta verso l’istituto di musica. Dopo il disastro con Ivan, Lillian era ben felice di voler riprendere ad insegnare, ed aveva preso accordi con le direttrici per ottenere nuovi incarichi e ripartire da capo con quell’impiego.
Aveva da poco smesso di piovere, e dal finestrino poteva vedere la moltitudine degli abitanti e dei turisti di Londra che si aggirava per le strade con ogni forma di impermeabili, cerate, cappelli e ombrelli, mentre i primi, timidi sprazzi di sole si riflettevano sulle grandi pozzanghere lungo l’asfalto lucido. C’era un’aria nuova, un’aria di felicità che la morfa respirava a pieni polmoni.
Lillian si voltò, ancora una volta esaminando chi avesse accanto. Per una bizzarra combinazione, nello stesso luogo, alla stessa ora e sullo stesso sedile di circa un anno prima sedevano un bambino e sua madre. Il bimbo sembrava essere cresciuto, rispetto alla volta precedente, ma sua madre indossava la stessa elegante e sobria giacca nera. Lillian sorrise al bimbo, che la guardò e si ritrasse nuovamente verso sua madre, in quel momento impegnata al telefono.
Così, appena la donna ebbe terminato la conversazione, pochi secondi dopo, Lillian passò all’attacco. Si chinò verso il bambino, continuando a sorridere. “Ma io ti ho già visto qui,” gli disse. Il bimbo non rispose, continuando a scrutarla terrorizzato. “Sì, ti ho proprio già visto. Eri seduto sempre qui, un anno fa. Ci siamo guardati e tu sei scappato fra le braccia della mamma.”
We’re coming down to the ground
There’s no better place to go
We’ve got snow upon the mountains
We’ve got rivers down below
We’re coming down to the ground
To hear the birds sing in the trees
And the land will be looked after
We send the seeds out in the breeze
 “E ora riprova,” stava dicendo Lillian al ragazzo seduto al pianoforte. “E’ semplice, così… do… bravo… fa… no, sei indietro di una battuta, riprova… ecco, ora sì!”
Did you think you’d escaped from routine
By changing the script and the scene?
Despite all you made of it
you’re always afraid of the change
You’ve got a lot on your chest
Well you can come as my guest
So come on down
Come on down

We’re coming down to the ground
There’s no better place to go
We’ve got snow upon the mountains
We’ve got rivers down below
We’re coming down to the ground
We’ll hear the birds sing in the trees
And the land will be looked after
We send the seeds out in the breeze

 La donna rise. “Sì, è vero, mi ricordo anche io. Abbiamo già visto questa signorina, Jonathan,” fece la signora, abbracciando il bimbo. “Mi scusi, so che deve essere brutto… insomma, vedere che un bimbo ha paura di lei, ma il mio cucciolo è stato morso da un cane, quando aveva quattro anni, e gli è rimasto il terrore dei musi lunghi.”
“Ma davvero? Povero bimbo… dove ti ha morso?”
“Qui,” disse il bambino, afferrandosi il braccio.
“Ti ha fatto male? Chi è che ti ha morso?”
“Un cane.”                    
“Un cane? Cane cattivo!”
“E’ stato un pastore tedesco,” spiegò la madre. “Un cucciolo, per gioco.”
“Un pastore tedesco? Sai che il mio ragazzo è un pastore tedesco? Stasera vado da lui e gli do uno schiaffo! Va bene per te?”
Il bimbo annuì, mentre un’ombra di sorriso iniziava a farsi strada sul suo visino.
“Bene. Così gli diamo una bella lezione, vero?”
Like the fish in the ocean
We felt at home in the sea
We learned to live off the good land
We learned to climb up a tree
Then we got up on two legs
But we wanted to fly
When we messed up our homeland
And set sail for the sky
We’re coming down to the ground
There’s no better place to go
We’ve got snow upon the mountains
We got rivers down below
We’re coming down to the ground
We’ll hear the birds sing in the trees
And the land will be looked after
We send the seeds out in the breeze
We’re coming down
Comin’ down to earth
Like babies at birth
Comin’ down to earth
Redefine your priorities
These are extraordinary qualities
We’re coming down to the ground
There’s no better place to go
“Mi chiamo Lillian Edgecombe,” scriveva Lillian. “Sono una morfa di Londra e questo è il mio blog. E’ tutta colpa del mio ragazzo, io non sono tipa da queste cose, ma ho passato uno degli anni più strani della mia vita, e ho voglia di condividere ciò che ho vissuto con qualcuno. Ho capito chi sono e cosa voglio, cosa mi rende felice e molto altro, con un po’ di dolori e di acciacchi. Ma è una storia a lieto fine. Per questo ho deciso di chiamarlo “Venus in Furs.”,” concluse.
We’ve got snow upon the mountains
We’ve got rivers down below
We’re coming down to the ground
We’ll hear the birds sing in the trees
And the land will be looked after
We’ll send the seeds out in the breeze
We’re coming down to the ground
There’s no better place to go
We’ve got snow upon the mountains
We’ve got rivers down below                
We’re coming down to the ground
We’ll hear the birds sing in the trees
And the land will be looked after
We send the seeds out in the breeze
Il bimbo annuì di nuovo.
“Sono contenta, Jonathan. Ma che scortese che sono, non mi sono presentata: mi chiamo Lillian.”
Jonathan le strinse la mano, con fare molto cortese e professionale. “Mi chiamo Jonathan  Dobbs.”
“Un gran bel nome, Jonathan Dobbs. Ora, signor Dobbs, devo andare, fra poco dovrò scendere.”
“Dove stai andando?”
“Sto andando a… lavorare. Io insegno musica, lo sai?”
“Io ho visto una tua foto,” le disse il bambino. “Sul giornale.”
“Infatti non mi sembra una faccia nuova, la tua,” incalzò sua madre. “Tu non sei per caso la cantante di quel gruppo famoso? I… London Sextet?”
LondonMorph Sextet, sì,” disse Lillian. Era inutile: non riusciva a non sentire le farfalle nello stomaco ogni volta che qualcuno le faceva notare che il gruppo stava acquisendo notorietà, non solo fra i morfi.



Di fronte all’ingresso dell’istituto, Lillian vide Mills, in piedi, con un mazzo di fiori in mano. “Sai che devo darti uno schiaffo da parte di un bambino che si chiama Jonathan Dobbs?”
“Davvero?” rispose Mills, inarcando un sopracciglio. “Non mi pare di conoscerlo…”
“Tu no, ma un pastore tedesco come te una volta gli ha dato un gran morso su un braccio e il piccolo è rimasto con il terrore dei musi lunghi da quel momento.”
“Allora mi merito proprio uno schiaffo. Per espiare le colpe della razza.”
Lillian ridacchiò. “Mi spiace per il piccolo Jonathan, ma io credo che tu meriti altro, spilungone,” gli fece, alzandosi sulle punte dei piedi per dargli un bacio sulle labbra. “E’ bello vederti qui.”
“Speravo ti facessero piacere anche questi,” disse Mills.
“Molto belli, tesoro. Grazie. Ma preferisco sempre te ai fiori. Me ne hanno regalati anche troppi, in passato, e non da una persona adorabile come te.”
“Ti amo,” fece il cane, e la baciò.
Lei sorrise. “Anche io, pelosone. Anche io.”

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