La vita di Lillian Edgecombe era sempre stata immersa nella musica, in un modo o nell’altro. Ma quello specifico periodo era diventato pieno di ritmo, più di quanto potesse tollerare.
Si stropicciò gli occhi e si sedette, spegnendo il microfono. “Time out, ragazzi, per favore.”
“Va tutto bene, Lilly?” le chiese Corinne.
“Va tutto bene, Lilly?” le chiese Corinne.
La tasso sospirò. “Sì… sì, sì, grazie, va tutto bene. E’ solo che… stiamo provando da due settimane filate, ragazzi. Sono… tredici? No, quattordici giorni che proviamo. E io comincio a risentirne, e così la mia voce,” fece, prima di tossicchiare. La gola le bruciava da due giorni, ormai. “Se non ci dò un taglio, potrei perderla prima del concerto, e non sarebbe di certo il massimo.”
“A me non sembra che ti sia calata la voce,” disse Mills. “Stai andando alla grande…”
“A me non sembra che ti sia calata la voce,” disse Mills. “Stai andando alla grande…”
“Sei un tesoro, Mills, so che lo dici solo per rincuorarmi, ma è vero, lo sento. E mi chiedo come faccia Corinne, se devo essere onesta.”
“Oh, io sono abituata a parlare tanto, sono una chiacchierona, quindi non è un problema per me,” ammise la licaone. “Però sì, anche io comincio ad essere un po’ stanca. In fondo, che male c’è a prendersi una pausa, anche solo di una giornata? Stiamo andando alla grande, abbiamo risistemato la maggior parte dei nostri pezzi, tutto sta andando al massimo… Lo so che manca poco al concerto, ma vorrei arrivarci sana di testa e di corpo, e non mi dispiacerebbe se potesse essere così per tutti.”
“Oh, io sono abituata a parlare tanto, sono una chiacchierona, quindi non è un problema per me,” ammise la licaone. “Però sì, anche io comincio ad essere un po’ stanca. In fondo, che male c’è a prendersi una pausa, anche solo di una giornata? Stiamo andando alla grande, abbiamo risistemato la maggior parte dei nostri pezzi, tutto sta andando al massimo… Lo so che manca poco al concerto, ma vorrei arrivarci sana di testa e di corpo, e non mi dispiacerebbe se potesse essere così per tutti.”
“Non avrei potuto dirlo meglio,” assentì Lillian.
“Per me va bene,” disse Milla. “Dopotutto, Corinne ha ragione: stiamo andando bene, no? Se poi pensiamo che abbiamo messo a posto esclusivamente nuovi brani, direi che possiamo essere orgogliosi di noi. Il riposo del guerriero ce lo meritiamo.”
Mills rullò brevemente sul tamburo più vicino. “Io ci sto. Una bella ricarica non fa mai male. Ci farà staccare un po’ la testa.”
“Ehi, Mills,” gli fece la tasso, sulla strada verso casa. “Ti va di bere qualcosa? Ho la gola secca ed è ancora presto per andare a letto,” fece, controllando l’orario sul suo orologio.
“Ci sto. Ma tu non eri quella stanca?”
“Devo stare seduta e il massimo sforzo che devo compiere è alzare un bicchiere con della birra scura. Direi che è un esercizio che potrei permettermi anche se fossi completamente a pezzi, no?”
“Devo stare seduta e il massimo sforzo che devo compiere è alzare un bicchiere con della birra scura. Direi che è un esercizio che potrei permettermi anche se fossi completamente a pezzi, no?”
“Brava ragazza,” concordò il cane, svoltando per cercare un parcheggio.
Mills la portò nel suo pub preferito. “L’ultima volta che sono stata qui con te,” gli disse, mentre entravano. “Ne sono uscita piuttosto brilla. Non metterti in testa strane idee, Mills.”
“Strane idee?”
“Non mi ubriacherò, stasera. Ho solo voglia di un modo allegro ma tranquillo per finire la serata con un amico.”
“Strane idee?”
“Non mi ubriacherò, stasera. Ho solo voglia di un modo allegro ma tranquillo per finire la serata con un amico.”
Lui allargò le braccia. “Sei un po’ troppo prevenuta nei miei confronti, direi. Perché dovrei farti ubriacare?”
“Non si sa mai.”
La serata trascorse in modo piacevole, fra chiacchiere, risate e alcool. Lillian quasi non notò la musica in sottofondo, non pensò alle prove appena terminate, a quelle che sarebbero seguite e al concerto in preparazione, ma si dedicò semplicemente a godersi la sua abitudinaria birra scura e la voce dell’amico. Guardandolo negli occhi, vedeva la luce della sua felicità brillare sempre più forte, anche se le stava parlando dei litigi con i genitori, dei battibecchi con i clienti arroganti sul lavoro, di quanto detestasse fare il commesso in quello squallido negozietto da due soldi… Era evidente che Mills navigava nell’insoddisfazione, ma in quella particolare serata la tasso poteva leggere in lui una gioia nascosta, sottile. Pensò che derivasse dalla possibilità di suonare, che sapeva renderlo felice sopra ogni altra cosa, e sentì il suo cuore ancora una volta gonfio di benessere nel sapere che era riuscita a trovare un modo per riportarlo a galla, e forse anche qualcosa di più, dopo la morte di Corey.
“Lilly,” le disse l’altro, prima di uscire. “Prima non stavo cercando di adularti o di essere carino.”
“Prima… quando?”
“Durante le prove. Quando hai detto della voce, che sentivi che avevi bisogno di una pausa. Be’, era vero: a me non sembrava affatto che fosse calata. Non stavo cercando di adularti o… cosa.”
“Durante le prove. Quando hai detto della voce, che sentivi che avevi bisogno di una pausa. Be’, era vero: a me non sembrava affatto che fosse calata. Non stavo cercando di adularti o… cosa.”
“Allora vuol dire che hai più orecchio di me. In ogni caso, grazie comunque: fa sempre piacere sentirsi fare un piccolo complimento del genere. E grazie della serata, Mills: a casa a quest’ora, proprio oggi, mi sarei sentita piccola e sola.”
“Piccola e sola?” chiese il cane. “Come mai? C’è qualcosa che non va?”
“No, Mills. No, assolutamente. Be’, non cose gravi, almeno.”
“Hai voglia di parlarne?” le chiese lui, aprendole la portiera della macchina.
“Piccola e sola?” chiese il cane. “Come mai? C’è qualcosa che non va?”
“No, Mills. No, assolutamente. Be’, non cose gravi, almeno.”
“Hai voglia di parlarne?” le chiese lui, aprendole la portiera della macchina.
“Poca, sinceramente. E’ che… insomma, forse la questione dell’essere single comincia a pesarmi, ecco.”
“Essere single? Non c’era quel… quel ragazzo…”
“Quale ragazzo?”
“Il tuo studente,” rispose Mills. “Ivan.”
“Essere single? Non c’era quel… quel ragazzo…”
“Quale ragazzo?”
“Il tuo studente,” rispose Mills. “Ivan.”
“Ah, lui. No, Mills, no. Lui non c’è,” tagliò corto Lillian, senza guardarlo negli occhi.
“Ah. Capisco. “
“Ho ventisette anni, ormai. E vado per i ventotto, fra solo due mesi. Ventotto anni da sola sono pesanti per me. Non so come siano per gli altri, ma per Lillian Edgecombe non sono facili. Non dico di farmi una famiglia, diavolo, sono troppo giovane per pensare ad una cosa del genere…”
“Sì, certo…”
“…E non avrei comunque un lavoro degno di questo nome per poterla mantenere, ecco.”
“Giusto.”
“Ah. Capisco. “
“Ho ventisette anni, ormai. E vado per i ventotto, fra solo due mesi. Ventotto anni da sola sono pesanti per me. Non so come siano per gli altri, ma per Lillian Edgecombe non sono facili. Non dico di farmi una famiglia, diavolo, sono troppo giovane per pensare ad una cosa del genere…”
“Sì, certo…”
“…E non avrei comunque un lavoro degno di questo nome per poterla mantenere, ecco.”
“Giusto.”
“Però sapere di avere qualcuno con cui condividere qualcosa di importante sarebbe bello, Mills. Mi piacerebbe. Mi riempirebbe la vita. Mi riempirebbe un vuoto che non riesco a riempire in nessun altro modo,” aggiunse, dopo una certa pausa. Si voltò verso il cane, che annuiva. “Mi capisci?”
“Penso di sì,” rispose l’altro. “Dopotutto, è così anche per me.”
“Penso di sì,” rispose l’altro. “Dopotutto, è così anche per me.”
La morfa sospirò. “Forse abbiamo bevuto troppo,” disse.
Il cane parcheggiò, Lillian scese e salutò l’amico.
Arrivata in bagno, si ritrovò davanti il suo riflesso nello specchio. Lo fissò sbalordita. “Ma che cosa ho appena detto al mio migliore amico? Non dirmi che ci ho provato, per favore.”
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