mercoledì, agosto 17, 2011

Capitolo 55 – Lillian allontana Mills


5 Agosto.
Il campanello di casa trillò, cogliendo Lillian di sorpresa seduta al tavolo in compagnia della sua vestaglia e di una gran tazza di caffè fumante. Gli occhiali non erano sul suo muso, ma appoggiati sul tavolo, e i capelli erano in totale disordine. Si era svegliata da poco dopo una notte tremenda, agitata come non mai, in cui il ristoro era stato sempre ben lontano, e si sentiva più stanca di come non fosse prima di coricarsi.
Trascinò la sedia sul pavimento e a piedi nudi raggiunse la porta, gracchiando un “arrivo” poco convinto. Si avvicinò alla porta, indossò gli occhiali e l’aprì.
Davanti a lei, nel sole della bellissima giornata, in piedi con indosso una giacca di renna e una camicia grigia, c’era Mills, la pelliccia scomposta, le orecchie ritte.
Lillian si stropicciò gli occhi. “Mills?” disse. “Che ci fai qui? E a… ma che ore sono?” Era confusa: l’ultima cosa che si aspettava era di vedere l’amico lì, a quell’ora, dopo tutto ciò che era accaduto.
“Le dieci e trentacinque, Lilly.”
“Scusa, Mills, ma non sono dell’umore…” fece, arretrando e chiudendo la porta, ma lui l’interruppe, ponendo un piede in mezzo all’uscio.
“Ascoltami, Lillian, per favore.”
“Mills, non permetterti…”
“Non mi sono fatto tutti questi chilometri per farmi sbattere la porta in faccia, Lilly,” fece l’altro. “Ti prego, dammi cinque minuti, solo cinque minuti.”
Lillian sbuffò, quindi aprì la porta. “Solo cinque minuti. Sono venuta qui per stare lontano da tutti, e vorrei che la cosa venisse rispettata.”
“Ti prego, Lillian, torna da noi.”
“Per… cosa? Se me ne sono andata è perché non volevo più stare lì a Londra. Non ha più senso stare in mezzo a gente che mi ha solo tirato delle pugnalate nella schiena.” Deglutì. “Mi fa ancora troppo male quello che è successo.”
“Ma… Lilly, tu… Capisco quello che provi…”
“No, non credo,” l’interruppe lei. “Non sei mai stato preso in giro così tanto come è successo con me. Non sei mai stata presa a pesci in faccia da persone con cui… a cui volevi bene.”
“Be’, sì, è successo anche a… No, hai ragione,” concluse Mills, scuotendo la testa. “E’ vero, hai ragione, hai… avuto la tua parte di sofferenze, Lilly. Ma giù a Londra non ci sono solo i soliti stronzi ad aspettarti. Ci siamo anche noi, le persone che ti vogliono bene, e non ti lasceremo mai sola, in nessun momento.”
“Sono io che voglio essere lasciata sola, Mills. Sono io che me ne voglio andare per non aver nulla a che vedere con… con il mondo che mi lascio alle spalle. E ora, per favore, vai via.”
“Lillian, io ho bisogno di te,” disse l’altro. “Io ti amo.”
“Vai via,” rispose l’altra, chiudendo la porta.
Si accasciò contro la porta, bloccandola col suo peso. Si sedette in terra, il muso avvolto dalle braccia, e attese così di sentire i passi di Mills che si allontanavano sulla ghiaia del vialetto d’ingresso. Quando si sentì sicura della sua lontananza, si alzò.
Le aveva detto che l’amava. Perché la cosa la riempiva di gioia? 

0 commenti:

Posta un commento