venerdì, febbraio 18, 2011

Capitolo 17 – Lillian cerca di riprendersi

Prima che Mills avviasse la macchina, Lillian rimase per qualche istante a fissare il parabrezza. Poi si voltò verso di lui, lo sguardo ancora perso nel nulla. “L’abbiamo fatto sul serio? E’ davvero successo?”
Lui si volse verso di lei, sorridendo. “Perché? Non ci credi?”
“Abbiamo fatto il nostro primo concerto…” disse, ancora sognante. Quindi eruppe in un’esultanza, i pugni levati al cielo. “Ed è stato magnifico! Fantastico! Dio, che… che emozione… davanti a tutta quella gente…”
“E’ stato bellissimo, vero.”
“Ma tu non… cazzo, Mills, sono mesi che non suoni, e ora puoi… hai… hai suonato di nuovo in pubblico, e in che concerto! Perché non ne sei felice?”
“Perché lo hai fatto?” le chiese Mills.
“Fatto cosa?” chiese Lillian, spaesata.
“Lo sai. La dedica a Corey.”
“Era giusto così. So quanto lui fosse importante per te, e pensavo che fosse bello per te poterlo ricordare così. Potergli dedicare il tuo momento speciale.”
“Da quanto tempo studiavi questa possibilità?”
Lillian sorrise. “Da quando abbiamo riunito il gruppo per la prima volta.”
“Qualche settimana fa, quindi.”
La morfa annuì.
“Grazie,” disse Mills. “Non c’era bisogno, ma… grazie, Lilly. Mi ha fatto bene.”
Lei gli posò una mano su un braccio. “Allora c’era bisogno, Mills.” Sbadigliò. “Sono stanca morta. Felice come non mai, ma stanca morta. Mi puoi accompagnare a casa, per favore?”
La macchina si avviò. Per tutto il tempo, Lillian e Mills rievocarono le sensazioni appena passate, ciò che avevano appena vissuto.
La prima cosa che la morfa fece, appena arrivata nel suo appartamento, dopo essersi cambiata e preparata per andare a dormire, fu di accendere il computer.

Su FaceBook:
Lillian Edgecombe: E’ l’una di notte, sono stanca morta, ma sono fottutamente felice. Se eravate lì con me, be’… ragazzi, grazie. E’ stata un’emozione unica. Buonanotte, Londra.

Poi spense il notebook, lo ripose sul comodino, si tolse gli occhiali, si avvolse nelle coperte e si addormentò dopo pochi secondi.
Per tutta la notte, nei sogni l’accompagnò l’emozione appena vissuta del concerto; sognò di essere ancora sul palco, sognò alcune delle canzoni che avevano appena suonato, di avere abiti diversi, di essere sul palco con suo padre al pianoforte, di dire qualcosa contro gli HRS fra una canzone e l’altra, di avere degli stivali neri ai piedi… ma in ogni sogno, nonostante i diversi dettagli, nonostante le differenze con la realtà dei fatti, la nota comune era la felicità, la sensazione di sentirsi appagata per quel che faceva perché la cosa le piaceva. Era una nota unica che le riempiva così tanto il cuore da non essere certa di poterla contenere: più volte, nei sogni, dovette fermarsi durante il canto per coprirsi il petto, percependo che qualcosa ne stesse uscendo, fuori dal suo controllo.
Uno strano strumento s’intromise nel sogno. Qualcosa che trillava in modo insistente, qualcosa che la svegliò. Lillian annaspò con la mano sul comodino, alla ricerca del cellulare.
“Pronto?” disse, ancora ad occhi chiusi.
E’ stato meraviglioso!” esplose Corinne al telefono, facendo trasalire Lillian e svegliandola in modo definitivo.
“Bene… sono contenta che ti sia piaciuto, Corinna,” rispose la tasso, alzando la testa dal cuscino. “Temevo fosse successo qualcosa di brutto…”
“Perché?”
“Sono le sei del mattino, Corinne. Stavo dormendo.”
“Sì, scusami Lillian, non volevo svegliarti, cioè, sapevo che stavi dormendo ma non potevo non dirtelo. Sono troppo felice! E’ la prima volta che mi esibisco, la prima volta che sono davanti a un pubblico così, ed è stato così bello, sono così schifosamente emozionata, ho l’adrenalina che circola e non vuole scendere, non cala, non cambia, e non riesco a dormire, sono tre, no, quattro ore che mi rigiro nel letto, e prima non ho fatto altro che leggere e guardare film e ascoltare musica per calmarmi, rilassarmi…”
“Respira, Corinne, respira…”
“…sì, scusa, insomma, sono agitata ed emozionata, ecco. E lo devo a te e a Mills. Grazie, grazie, grazie, grazie!”
Per qualche istante Lillian non seppe come reagire. Non era abituata a questo tipo di esibizioni di felicità, ben conscia che, se fosse stata solo un po’ meno quieta di carattere avrebbe fatto lo stesso con Mills, poche ore prima, tornando a casa. “Sono felice che tu… be’, che tu sia felice, Corinne. E’ stato grazie anche a te, però: siamo un gruppo, abbiamo suonato insie…”
“Sì, lo so, lo so, non me lo scordo di certo, sai, però il fatto è che se non foste venuti tu e lui qualche tempo fa a tirarmi fuori di casa con questa cosa sicuramente non sarei mai stata lì stasera, se non magari come pubblico, ecco, e non l’avrei mai vissuta sulla mia pelle…”
“Corinne, respira, per favore,” disse Lillian, sorridendo. “Sto male per te.”
“Lo so, scusa, Lilly, ma veramente stanotte non ce la faccio a contenermi. Non è facile per me nelle situazioni normali, ecco, ma oggi… oggi non è una situazione normale! Voglio rivedervi tutti subito, possiamo uscire domani sera? Cioè, sono le sei, quindi direi di più questa sera?”
“Uh… non so se… è presto ancora, Corinne. Prova a riposarti, ora. Intanto, perché no, in giornata possiamo metterci tutti d’accordo.”
“Sarebbe fantastico, sarebbe perfetto, oggi sono stata così bene… grazie, Lillian, grazie!” esclamò, quindi chiuse la chiamata, senza dare tempo alla tasso di replicare. Lillian guardò il telefono come se fosse un oggetto alieno; lo spense e lo ripose al suo posto, cercando di appisolarsi. “Non voglio vedere nessuno fino alle dieci…” sussurrò.

“Ciao Rand…”
“Sei al computer? Sei su internet?”
“…sì. Direi di sì,” rispose Lillian, alzando un sopracciglio. Era seduta, ancora in pigiama, sul tavolo della cucina, portatile appena acceso per controllare alcuni dettagli organizzativi per il fine anno. “Per…”
“Digita immediatamente questo indirizzo,” l’interruppe il ragazzo, concitato, dettandole subito un URL.
Lillian, paziente ma sempre più perplessa, eseguì.
“Hai fatto?”
“Sì, direi di sì,” fece la morfa, leggendo il titolo del sito che era comparso. “Una e-zine? Perché…”
“Leggi e basta,” replicò Randolph, quindi chiuse la telefonata.
“Ma cosa avete tutti, oggi?” domandò all’apparecchio, prima di mettere a fuoco lo sguardo su alcune parole.

London Morph Sextet: piccola gemma nel cuore di Londra?

L’articolo che seguiva era piuttosto breve, poco più di una colonna, ma era dedicato interamente al concerto della sera precedente. Lillian compose il numero di Randolph.
“Hai letto?” chiese subito quest’ultimo.
“Sto leggendo. C’erano davvero duecento persone, ieri sera?”
“Ho un locale grande,” rispose Randolph.
“Mio Dio… ci hanno visti in duecento! Non ci posso… non ci credo,” fece Lillian, ponendosi una mano sulla fronte.
“Sai qual è la cosa più sconvolgente? Che stamattina nella mia casella di posta c’erano almeno dieci email che chiedevano se il gruppo intendesse tornare ad esibirsi. Lilly, siete richiesti!”
“Vogliono che ci esibiamo ancora?”
“Avete una data?”
“Mio Dio, Randolph, abbiamo suonato la prima volta solo ieri sera!” esclamò Lillian, lasciandosi poi andare ad una risata. “Come faccio a saperlo? Non ho ancora né visto né sentito nessuno del gruppo…”
“Volete un consiglio? Prendetevi un’altra data. Anche le stesse canzoni andranno bene, fidati. Ah, a proposito: Psycho Circus è stata grandiosa. Io la porrei come prima esibizione, se fossi in voi.”
Lillian sospirò. L’idea di potersi esibire di nuovo le stava generando un pesante groppo nello stomaco. “Vedrò cosa posso fare, Randolph. Di quanto tempo hai bisogno per organizzarti?”
“Oh, un paio di giorni.”

Su FaceBook:
Lillian Edgecombe: E’ l’una di notte, sono stanca morta, ma sono fottutamente felice. Se eravate lì con me, be’… ragazzi, grazie. E’ stata un’emozione unica. Buonanotte, Londra.
Claire Hogarth: Ammetto la sconfitta, Lillian: eri bellissima con quel vestito.
Kevin Clarken: @Claire: lo so che hai filmato tutto. Quando ce lo farai vedere?
Claire Hogarth: Appena Francine mi porta il cavo per la telecamera e mi spiega come diavolo si usa questo programma per i video, direi. @Lilly bella: ma vogliamo parlare di Videophone?
Lillian Edgecombe: Se proprio dobbiamo…
Claire Hogarth: Telefono, ho capito. Educanda.

“Com’era il movimento del fianco?” fece Claire, al telefono.
“Smettila, scema.”
“Al di là di tutto… uau, Lilly, è stato un gran concerto!”
“Davvero ti è piaciuto?”
“Dico, pensi che ti venga a dire delle sciocchezze? Mi sottovaluti, Lilly. Non ti mentirei mai.”
“Ah, su questo non ho dubbi. Ma sono felice che tu ammetta la tua sconfitta in merito al mio vestito, cara,” le replicò la tasso.
“Ok, ok, non avevo immaginato che potessi muoverti così dentro quella cosa. Lo ammetto: mi sembravi una strobo, ma l’effetto sul palco era totalmente, completamente diverso. Siete stati grandi. Spiegami una cosa: chi sceglieva le canzoni?”
“Le abbiamo scelte tutti insieme.”
“Quindi… mi vuoi dire che tutti avete optato per Videophone? Tutti?”
“Be’, sì.”
“Tutti?” ripeté la tigre. “Anche Lillian Edgecombe?”
“No, lei no.”
“Ah, ecco.”
“Ehi, Claire, cosa ti aspettavi? Che accettassi di buon grado di mettermi a sculettare davanti a duecento persone come Beyoncé? Col corpo che mi ritrovo?”
“Io l’avrei fatto.”
“Già, ma tu hai un certo fisico che a me manca, se non l’hai ancora notato, carissima. E sai quanto questo genere di cose m’imbarazzi, quindi puoi, forse lontanamente, immaginare come mi sia sentita.”
“Ma se non ti piaceva, perché…”
“Perché durante le prove mi divertivo, Claire,” disse. “Era divertente, non mi prendevo sul serio. Ma quando poi mi sono trovata sul palco è stato più difficile: un conto è far finta di sculettare con gli altri membri del tuo gruppo, un altro è farlo sul serio davanti a duecento persone. Mi sono vergognata come non so neanche io…”
Claire rise. “Chissà perché, lo immaginavo. Però è stata comunque una esibizione bella e divertente, anche se ammetto che non capisco cosa avesse a che fare con l’idea del… del mondo dei morfi, ecco.”
“Sì, forse dovremmo spiegar meglio certe cose, in futuro, se ci sarà ancora l’occasione,” disse subito la morfa. “L’idea era di far capire che anche noi possiamo… essere sensuali come gli esseri umani. Che, anche se qua dietro c’è una coda, anche se non abbiamo pelle liscia e vellutata ma una certa pelliccia, possiamo essere belli e belle e sexy tanto quanto loro.”
“Allora direi che avete centrato benissimo il punto.”

Poco dopo la telefonata con Claire, il cellulare trillò nuovamente, segnalando l’arrivo di un messaggio. Lillian alzò gli occhi al cielo, lo prese e lo lesse.

Papà: IERI LA MIA BIMBA E’ STATA BRAVISIMA. SEI DIVENTATA GRANDE. LA MAMMA E’ COSI’ FELICE! NON VEDIAMO L’ORA CHE TU SIA CN NOI. BACI PAPA’ E MAMMA.

Subito, Lillian chiamò il numero del mittente.
“Papà! Papà, eri lì, ieri?”
“Ciao, Lilly! Scusa, tesoro, sono un po’ di fretta, ora. Sì, ero lì, è stato un concerto meraviglioso. Ne parliamo fra qualche ora, però. Perdonami, tesoro, davvero.”
“No, va bene, papà… grazie per esserci stato.”
“Ti voglio bene. Ciao, Lilly.”
“Ciao, papà.”
La tasso sospirò. Guardò l’orologio, poi il caffelatte nella tazza, ormai freddo. “Riuscirò a fare colazione?” domandò alla stanza vuota. “Sarà una giornata difficile.”

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