lunedì, febbraio 21, 2011

Capitolo 18 – Lillian festeggia

Era sola al tavolo del Piper’s Dream, chiedendosi  quando sarebbero arrivati gli altri e se mai avessero trovato un luogo alternativo per incontrarsi. Aveva declinato l’offerta di passaggio da parte di Mills, preferendo la possibilità di fare due passi a piedi e riflettere da sola.
Sentiva ancora addosso le sensazioni del concerto della sera prima: una vaga euforia, la felicità di potersi esprimere, di sentirsi libera cantando, di sentirsi addosso gli sguardi di tutti senza temere un giudizio per ciò che era ma per ciò che faceva, la realizzazione nel sentirsi bagnare dagli applausi del pubblico dopo ogni canzone, un pubblico che non la conosceva, la sensazione di completezza che aveva avvertito durante ogni canzone, rendendosi conto che il gruppo funzionava, girava bene anche nell’esibizione reale. Mills che pestava sulla sua batteria, i suoi piatti e i tamburi che rullavano costantemente, dando un ritmo che rimbombava sotto i suoi piedi nudi; Milla e il suo violoncello, con quel suo suono pieno e vigoroso, un timbro da opera lirica che riusciva comunque a muoversi nel tessuto delle canzoni diventando sempre il perfetto sostituto di quel che non avevano, riuscendo persino a migliorare l’esecuzione nel suo complesso; Yvonne che, seduta al suo pianoforte, intesseva con le sue dita trame complesse, raffinate, come un pittore che disponga di infiniti colori; Nicholas, che con la sua chitarra elettrica era il perfetto compagno delle sonorità di Mills, diffondendo il suo suono elettrico, vivo e intricato con una decisione euforica; Corinne e la sua voce, così diversa da quella della tasso, energica, limpida e femminile, perfetto completamento delle capacità di Lillian. E poi veniva lei, con il suo timbro più basso e roco, che nonostante tutto non riusciva a vedere così speciale come molti la ritenevano, ma che quella sera aveva dato il meglio.
Era andato tutto bene, e lei si sentiva felice.
“Stasera non si suona, vero?” sentì dire da Nicholas. Si voltò, e lo vide arrivare assieme a Milla.
Li osservò per qualche istante, prima di sorridere e di rispondergli. “No, certo. Sedetevi, ragazzi, non state lì in piedi.”
“Ieri è stata una nottata bellissima,” disse subito Milla, scostandosi dagli occhi una ciocca di capelli. Aveva ancora alcuni dei nastri che aveva allacciato alla sua coda la sera precedente. “Quando sono tornata a casa ero così stanca che credo di essermi addormentata subito… non ricordo neanche di essermi lavata i denti!”
“Io non sono più abituato a queste fatiche,” fece Nicholas. “Strano, è stato più difficile rispetto a quando suonavo con il mio gruppo. Non capisco cosa ci fosse di così diverso… ho anche suonato meno di quanto abbia mai fatto!”
“Anche io ero distrutta,” disse Lillian. “So però che per me si trattava solo di una gran felicità. Ho sempre creduto in questa possibilità, in questo gruppo, e sapere, sentire che ieri giravamo così bene insieme mi ha reso veramente estasiata. Prendete qualcosa, ragazzi?”
“No, grazie,” disse Milla.
“Io ho bisogno di una birra fresca. Vado ad ordinare io,” fece, guardando Milla negli occhi.
“Non ti…”
“Una birra media, chiara, per il nostro chitarrista e una Guinness per la nostra cantante,” disse Corinne, apparendo dietro le spalle di Lillian. “E io stanotte non ho dormito, neanche dopo averti chiamato. Spero di riuscirci stasera, mi sento a pezzi! Posso sedermi qui?” disse, porgendo le due birre ai compagni.
“Non ce l’hai proprio fatta?”
“Non ho chiuso occhio, ci credi?”
Lillian annuì, dopo aver preso un sorso dalla sua birra. “Ci credo, sì. Sembravi…”
“Drogata, sì. Infatti ora come ora mi sento così in imbarazzo, Lillian, scusami per averti svegliato a quell’ora,” fece Corinne, posandole una mano sul braccio. “Sapete, stanotte, alle sei o giù di lì, ho chiamato Lillian per dirle che non riuscivo a dormire. L’ho al-lu-ci-nata, davvero.”
“Non mi hai allucinato,” disse l’altra. “Avevi solo bisogno di sfogarti.”
“Io non avrei risposto,” disse Nicholas. “Mio padre ha iniziato a fare lavori in casa, sapete, trapani e tutto quanto, stamattina alle otto. Mi sono svegliato alle dieci, senza averlo minimamente sentito. Figurati se sarei riuscito a sentire il telefono squillare…”
“Ecco Mills,” disse Lillian, vedendo il pastore tedesco entrare. Gli fece cenno con la mano, invitandolo ad avvicinarsi.
“Eccoci qui. Ne manca uno,” fece, alludendo a Yvonne.
“Yvi mi ha chiamato poco fa,” disse Corinne. “Farà un po’ di ritardo.”
“Be’, io ho delle cose da annunciarvi,” fece Lillian. “Ma aspetterò… no, non aspetterò,”  s’interruppe, indicando Yvonne che li stava raggiungendo.
“Scusate per il ritardo,” disse la gazzella. “E’ più lunga di quanto pensiate, vi risparmio i dettagli.”
“Ottimo. Ora che siamo tutti, posso parlare e dirvi tutto quanto. Intanto, ordiniamo da bere.”
Quando tutti ebbero avuto le loro bevande, il gruppo brindò al concerto della sera prima.
“Ok, è andato tutto a meraviglia,” disse Lillian. “Guardate qui,” fece, porgendo a tutti un foglio: aveva copiato e stampato l’articolo su di loro dalla ezine che Randolph le aveva passato. “Hanno parlato di noi la sera stessa!”
Corinne lo afferrò e lo lesse subito. “Duecento persone?” esclamò. “Duecento? Abbiamo cantato e suonato di fronte a duecento persone?”
“Lillian ha sculettato con te di fronte a duecento persone?” disse Mills. “Ehi, non guardarmi così, Lilly: ero dietro di voi, pensavi che non vedessi nulla?” fece il cane, cercando di evitare le saette lanciate dallo sguardo della morfa.
“Be’, se lo avessi saputo mi sarei contenuta, è vero…”
“Ma dai, Lilly,” fece Milla. “E’ stato divertente! E siete andate benissimo.”
“Molto… be’, sì, sensuali, no?” confermò Nicholas. “E’ quello che volevamo con quel pezzo.”
“Possiamo passare oltre, per favore?” chiese Lillian. “Cazzo, perché su tutte le canzoni l’attenzione deve cadere proprio su quella?”
“Non essere permalosa, Lilly,” disse Mills, ridendo.
“Non sono permalosa! E’ che mi imbarazza ancora.”
“Va bene, allora. Parliamo di Because the Night.”
“Sei stata splendida,” le disse Corinne. “Davvero, quella è la tua canzone. Dalle prove generali non si vedeva quanto ci tenessi, quanto potessi dare.”
“Sentite qui,” fece Nicholas, che stava leggendo con Milla il resto del pezzo. “Una rondine non fa primavera, purtroppo: una sola esibizione non basta per giudicare il complesso nella sua interezza. La comunità dei morfi ha bisogno di altre iniziative di questo genere, che portino alla ribalta i suoi elementi migliori, e ci auguriamo caldamente, quindi, che i London Morph Sextet tornino alla carica quanto prima, per mostrarci ancora di che pasta siano fatti. Be’, questo la dice lunga su come siamo stati visti, direi.”
Mills fischiò. “Uau. Non si sentono tutti i giorni recensioni del genere.”
“E, tenetevi forte, Randolph ci vuole vedere suonare di nuovo,” disse Lillian, annunciando ciò che si teneva dentro da diverse ore. “Anzi, ad essere precisi non è lui a volerlo, ma…”
“Come come?” fece Corinne. “Suonare di nuovo? Ancora nel Campfire Tales?”
“A distanza di poche ore, Randolph ha ricevuto decine di email che chiedevano quando ci saremmo esibiti di nuovo,” confermò la morfa. “Randolph mi ha detto subito di decidere una nuova data.”
“Ma non abbiamo tempo per provare altre canzoni,” obiettò Yvonne.
“Infatti mi hanno chiesto esplicitamente di esibirci con la stessa scaletta dell’ultima volta.”
Mills inarcò un sopracciglio. “Be’, non è il massimo…”
“Ma ce la faremo. Ce l’abbiamo fatta una volta, perché non dovremmo riuscirci di nuovo? Prendiamola come una… come un esercizio, un consolidamento delle nostre capacità prima di fare il passo successivo. Ci prendiamo una, due serate dopo Natale per provare, poi il concerto prima di fine anno. Che ne dite?”
“Che il periodo è un po’ corto per avere due serate di prova,” disse Yvonne. “Ce ne dovremo far bastare una.”
“Be’, i miei sono via per due settimane da Natale in poi,” disse Nicholas. “Io posso prendermi un giorno di ferie, visto che devo recuperare delle ore di straordinario, in più, quindi penso proprio che potremmo addirittura passare un intero giorno a provare. Con delle… pause, ovviamente. Che ne dite?”
“Ci sto,” fece subito Corinne. “Mi piace l’idea. E’ anche un modo per stare un po’ insieme, no? Al di fuori dei concerti, voglio dire, sarebbe bello conoscerci un po’ di più.”
“Sì, non è male,” convenne Milla. “Per niente.”
“Non so,” disse Mills. “Sì, mi piace la possibilità di conoscerci meglio, come no. Però… non mi convince l’idea di non cambiare scaletta. Non mi piace molto, mi fa… non voglio che le nostre esibizioni siano scontate.”
“Non sarà scontata, Mills,” cercò di convincerlo Lillian. “Perché sarà nostra. Anche se mantenessimo la coreografia, anche se non cambiamo l’ordine delle canzoni, quello che importa siamo noi e quello che vogliamo dire. E il messaggio, almeno per me, non cambia da un concerto all’altro, a prescindere dalle canzoni che suoniamo.”
“Mi hai convinto,” disse Yvonne.
“Sono l’unico in minoranza, direi, quindi mi tocca accettare la cosa.”
“No, Mills, se non ti convince no, non è giusto. Siamo un gruppo, le cose si fanno assieme…”
“Ma magari è solo una mia impressione, Lilly. Lo sai che sono noioso. Probabilmente mi sbaglio. Facciamo così: proviamo a vedere come va. Beneficio del dubbio. Che ne dici?”
“Che non mi piace che uno di noi non sia convinto al cento per cento.”
“Ma va bene così, Lilly,” disse Milla. “E’ normale che non siamo tutti sulla stessa lunghezza d’onda, almeno sulle prime.”
“E Mills si convincerà, vedrai,” disse Corinne. “O non mi chiamo più Corinne!”
Lillian passò il suo sguardo su tutti loro, sentendo, anzi, vedendo da parte loro aspettativa e desiderio. Volevano suonare ancora. Solo gli occhi di Mills non brillavano della stessa sicurezza, ma il loro luccichio naturale le dava l’impressione che la cosa avrebbe potuto essere comunque fatta. “Va bene,” disse infine. “Che date fissiamo?”

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