martedì, agosto 02, 2011

Capitolo 42 – Lillian rompe con qualcuno

“Perché abbiamo bisogno di girare quella canzone verso noi morfi, Corinne,” fece la tasso, sospirando. “E’ così difficile da capire? E’ così difficile pensare che cambiare…”
“Vacci piano, Lillian.”
“No, davvero, non capisco,” proseguì l’altra. “Cambiare “chola,” che qui in Inghilterra non è una parola così diffusa, che non fa riferimento a un cavolo di nostro, in “morph” è così orrendo?”
“No, ma non è neanche necessario, perché la canzone parla di quello,” ribatté la licaone.
“La canzone non parla di quello. “Di quello” cosa, poi? Dei morfi? Non mi pare, è sufficiente leggere il testo…”
Corinne batté i pugni sul tavolo. “Sai cosa ti dico? Che nessuno ha bisogno qui di una piccola saputella del cazzo, Lillian!”
“Allora vi libero dalla mia presenza, visto che è così ingombrante,” disse. Si alzò e a passo svelto si diresse verso la porta. Uscì facendola sbattere. La notte era ancora fredda e umida, ma non le importava. Voleva solo allontanarsi di lì, il più in fretta che poteva. Sentì appena la porta aprirsi e richiudersi rapidamente, e la voce di Mills che la chiamava.
“Lillian! Lillian, dove stai andando?”
“La sessione di prove è finita per me, oggi,” replicò lei. “Torno a casa, così non avrete fra i piedi la saputella di turno. Sarete contenti, no?”
Lui le pose una mano sulla spalla, invitandola a voltarsi. “Lilly, ascolta… Corinne ha esagerato, d’accordo. Ma, per favore, torna dentro: vi spiegherete, ne sono sicuro. E magari ti chiederà anche scusa…”
“Le sue scuse se le può ben tenere,” disse la tasso. “Non le voglio.”
“Lillian, si può sapere che cazzo ti sta succedendo? Non ti riconosco più.”
“Cosa vuoi dire, Mills? Eccomi, sono sempre io. Non essere esagerato, anche tu.”
“Non sono esagerato… Lilly, da un po’ non sei più la stessa. Lo vedono tutti.”
Lei si strinse nelle spalle. “Cos’ho che non va?”
“Sei più… decisa. Forte.”
“Non ne sei contento? Non mi va più di essere una… piagnucolona.”
“Ma non lo eri.”
“So quanto valgo, so che ce la posso fare e so quando ho torto e quando ho ragione su qualcosa, Mills. E mi permetto di far notare alle persone quando sbagliano, almeno secondo me. Poi sta agli altri capire…”
“Lilly, tutto questo è bellissimo e sono felice per te se davvero senti questo, ma… sei troppo forte sugli altri, su persone che non si… non hanno fatto nulla per meritare certe cose che dici. Hai preso Corinne a pesci in faccia, poco fa, e per cosa? Per una parola che avrebbe potuto cambiare in un testo? Stai esagerando, Lilly, davvero.” Lei sbuffò, ma non rispose. “Vuoi tornare a casa? Posso accompagnarti.”
“Solo se mi prometti che andrete avanti.”
“Senza di te? E come potremmo, Lilly? No, ci fermeremo, è ovvio.”
Lillian aggrottò la fronte. “No, dovete andare avanti. Fate finta che io stia male. E’ più importante che il gruppo provi sempre.”
“No, dobbiamo provare insieme, Lillian, proprio perché siamo un gruppo. Se tu stessi male sul serio avrebbe senso, ma non è questa la situazione: tu sei via perché c’è stato un litigio con un altro membro del gruppo, e la cosa così non va. Quindi o torni dentro e vedi di appianare le cose con Corinne o si torna tutti a casa,” le intimò il cane, le orecchie ritte e il pelo sulla collottola arruffato.
Lillian incrociò le braccia sul petto e aprì la bocca per parlare, ma fu interrotta dal rumore della porta che si apriva. Ne uscì Corinne, in fretta e furia, con indosso la sua giacca. Milla la seguiva, cercando di tenerle il passo. “Corinne, no, aspetta. Guarda, Lillian è là…”
“Non voglio discuterne, e non ho voglia di stare a parlare ulteriormente di questa storia. Ci vediamo domani, ne ho avuto abbastanza per oggi,” concluse, rivolgendosi direttamente alla tasso.
“Corinne, aspetta,” disse Lillian. “Possiamo…”
“Forse tu puoi, ma io di sicuro non voglio. Spero di essermela fatta passare per domani. Buonanotte a tutti,” concluse, entrando in macchina e avviando il motore. I tre rimasero a guardare la vettura partire e infilarsi per le strade di Londra, quindi si rivolsero occhiate perplesse. Milla si diresse verso i due. “Si può sapere cosa vi è preso?” chiese a Lillian. “Vi hanno pisciato nel caffè, stamattina? Non c’era oggettivamente bisogno di litigare per così poco.”
La tasso si tolse gli occhiali e si stropicciò gli occhi. “Può darsi. Non lo so. Ho combinato un disastro. Vi chiedo scusa.”
“Non credo sia una cosa irreparabile,” commentò Mills, a bassa voce.
Entrarono nella rimessa, dove Nicholas li stava aspettando assieme ad Yvonne. In silenzio, Lillian recuperò il suo parka e uscì, seguita da Mills. La morfa intuì quello che il cane era sul punto di dire: si voltò e lo fissò con uno sguardo abbattuto. “Grazie, Mills, ma preferisco andare da sola. Una passeggiata al freddo mi schiarirà le idee.”
“Stronzate. Non fare drammi: avete solo alzato tutte e due i toni. Domani vi rivedrete e sistemerete le cose.”
“Non lo so, lo spero. Però, davvero, ho… bisogno di un attimo.”
Lui le prese con delicatezza un braccio; Lillian non oppose resistenza. “A casa tua avrai tutti gli attimi che ti serviranno, ma al caldo. Oggi si gela, è sera tardi e non è il caso di andarsene a zonzo per Londra da sole, ed evita di insistere perché non ho intenzione di smuovermi. La cosa mi sta irritando, Lillian, e non tu vuoi vedermi arrabbiato.”
“Diventi verde e muscoloso?”
“E mi rimangono su solo le mutande. E’ questo il punto peggiore, credimi.”
Lillian lo abbracciò. “Come faccio senza di te?” 

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